Il titolo è tratto dalle parole di Aleksandra Buimistere e di Alla Kisika fondatrice di Grupeer e si riferisce al contesto della Lettonia dove il clima in questi anni pare essere particolarmente favorevole al nuovo “fantastico” mondo del peer to peer lending, ma il fenomeno sta crescendo a vista d’occhio anche nel resto del mondo compresa l’Italia.
Alla prima edizione del P2P Heroes organizzato da Giuseppe Scapola erano presenti diversi esponenti delle piattaforme di finanziamento disintermediato nate negli ultimi 2 o 3 anni ed una platea piuttosto variegata di “prestatori”, risparmiatori attratti dalla semplicità di accesso e dai rendimenti molto buoni di questa forma di investimento temporaneo delle eccedenze di liquidità.
Bastano 18 anni e 10 euro in tasca
dicono entusiaste le ragazze di Grupper, dando per scontato il possesso di uno smartphone ed un collegamento ad internet!
Anche se il prestito tramite piattaforme P2P potrebbe apparire semplice come un gioco, dal palco non sono mancati gli inviti alla prudenza. I suggerimenti proposti sono sempre i soliti: investire una piccola parte dei propri risparmi (dall’1 al 5%), preferibilmente sotto forma di piano di accumulo e soprattutto diversificando il più possibile per tipologia di progetti finanziati e per piattaforme. Recentemente un paio di queste sono sparite da un giorno all’altro, ricordando a tutti gli investitori che è presente anche il rischio di perdere anche l’intero ammontare prestato. Anche qualora fosse tecnicamente possibile esercitare un’azione legale per il recupero dei propri risparmi direttamente nei confronti dei soggetti finanziati tramite la piattaforma il costo probabilmente supererebbe le somme investite specie se all’estero.
Dal punto di vista fiscale gli interessi conseguiti da finanziamenti erogati per il tramite di piattaforme di Peer to Peer sono ufficialmente entrati a far parte dei redditi di capitale a partire dal 2018. Il legislatore si è accorto del fenomeno in forte espansione e lo ha voluto disciplinare puntualmente agevolandolo con la semplicità di una ritenuta alla fonte a titolo definitivo di imposta nella misura del 26%. Per beneficiare di tale semplificazione l’investimento deve essere gestito da persone fisiche fuori dall’ambito dell’attività di impresa e per il tramite di piattaforme che operino in qualità di intermediari finanziari (ex 106 TUF o istituti di pagamento) autorizzati e vigilati da Banca d’Italia.
E’ prevista anche una ritenuta del 12,5% per i finanziamenti concessi a favore di soggetti operanti nell’ambito del terzo settore. La nobile intenzione di cercare di agevolare con il trattamento riservato ai proventi derivanti dai titoli di Stato anche coloro che esercitano attività socialmente rilevanti (che spaziano a mero titolo esemplificativo dall’assistenza alla ricerca sanitaria, dalla tutela per l’ambiente allo sport dilettantistico) rimane, almeno per il momento, puramente teorica perché il decreto attuativo a cui è subordinata la sua concreta entrata in vigore non mi risulta essere ancora stato emanato.
Il P2P lending, andando direttamente a finanziare le imprese operanti sul territorio, si presterebbe bene ad alimentare i Piani Individuali di Risparmio (un altro PIR!) introdotti proprio con la finalità di indirizzare verso queste realtà produttive locali una parte del risparmio delle famiglie italiane che spesso rimane lasciato in deposito sui conti correnti. Tale possibilità renderebbe addirittura esenti i relativi proventi, ma l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 96 del 5/4/2019 ha ritenuto che lo strumento non possa essere considerato “finanziario” in senso tecnico e quindi non può beneficiare delle agevolazioni previste per i PIR. L’Agenzia ritiene che il prestito di denaro tra privati è riconducibile al contratto di mutuo di cui all’articolo 1813 C.C. e non possa presentare le caratteristiche tipiche di un “valore mobiliare” così come definito dal TUF in quanto non ha la possibilità di essere negoziato sui mercati del capitale, se non in via del tutto occasionale e per di più non regolamentata.
Qualora la piattaforma sia ubicata all’estero o sebbene operante in Italia la gestione non avvenga per il tramite degli intermediari autorizzati di cui sopra, il sistema della ritenuta a titolo d’imposta non vale più e pertanto i relativi proventi dovranno essere esplicitamente evidenziati in dichiarazione dei redditi e concorreranno a formare il reddito complessivo del contribuente/investitore. Le eventuali ritenute che dovessero essere state subite potranno ovviamente essere scomputate dall’imposta complessivamente dovuta e qualora fossero subite all’estero potranno essere recuperate come crediti d’imposta in rapporto ai redditi prodotti all’estero.
In ultimo si segnala che, al pari di tutte le attività finanziarie detenute all’estero, anche gli eventuali “wallet” detenuti su piattaforme straniere dovranno essere evidenziati nel quadro RW della dichiarazione dei redditi personali a prescindere dal loro ammontare in quanto non possono beneficiare dell’esclusione prevista per i conti correnti che non abbiano raggiunto il picco dei 15.000 euro di giacenza. Sebbene oggetto di monitoraggio fiscale i finanziamenti allocati per il tramite di piattaforme estere, a parer mio, NON dovrebbero scontare il 2 per mille di IVAFE proprio in coerenza con l’opinione dell’Agenzia delle Entrate sopra sintetizzata che li esclude dal novero dei prodotti finanziari.
In conclusione mi piace riprendere la metafora dei funghi per ricordare ancora una volta di maneggiarli con cautela. Alcuni sono eccezionalmente succulenti ed appetitosi, alcuni persino allucinogeni, ma ce ne sono anche tanti decisamente velenosi che potrebbero addirittura essere letali se trangugiati con troppa disinvoltura.