Con la legge di stabilità per il 2019 è stato esteso l’ambito di applicazione delle disposizioni agevolate di cui all’articolo 1 commi da 54 a 89 della L. 190/2014, comunemente conosciuto come REGIME FORFETTARIO per la determinazione del reddito e più recentemente confuso con la FLAT TAX da più fronti ventilata nella campagna elettorale dell’anno scorso. Visto che sono già stati scritti fiumi di parole sugli aspetti tecnici di questa normativa che interessa qualche centinaia di migliaia di persone tra freelance, artigiani, liberi professionisti, piccoli commercianti, artisti cercherò con queste mie riflessioni di provare a guardare anche sotto a quello che emerge in superficie.
Per aumentare il numero di soggetti che potranno beneficiare di tale regime si è previsto di:
- elevare ad € 65.000 la soglia massima di ricavi o compensi conseguiti indipendentemente dall’attività esercitata;
- eliminare i limiti di accesso collegati al valore complessivo dei beni strumentali impiegati (€ 20.000 in passato), al sostenimento di spese per lavoro dipendente (€ 5.000 in passato);
- non considerare più come causa di esclusione il contestuale conseguimento di redditi di lavoro dipendente o assimilati, tra cui anche quelli di pensione (€ 30.000 in passato).
Da quanto sopra emerge che i soggetti che potranno beneficiare di questo regime di particolare favore potranno essere dei contribuenti non più marginali o magari addirittura in condizioni di difficoltà economica, tenuto conto che il reddito medio lordo pro capite ai fini IRPEF delle famiglie italiane è pari ad € 21.829 (fonte ISTAT in relazione all’anno d’imposta 2016). Potranno dunque beneficiare della flat tax del 15% (5% per i primi 5 anni di Partita IVA), tra gli altri, anche fior fior di pensionati che metteranno a frutto in qualità di consulenti l’esperienza di una vita lavorativa oppure lavoratori dipendenti che hanno il tempo e la possibilità di dedicarsi ad un secondo lavoro senza correre più il rischio di dover offrire i propri servizi per il tramite di un qualche conoscente compiacente o peggio ancora totalmente in nero.
L’unica condizione antielusiva che il legislatore ha posto per evitare che rapporti di lavoro dipendente venissero trasformati in rapporti di lavoro autonomo forfettari, che a parità di costo azienda risulterebbero decisamente più vantaggiosi in termini di netto percepito dal lavoratore, è che i clienti della neo partita iva non siano impese che siano state anche sue datrici di lavoro negli ultimi due anni.
Il venir meno di qualsiasi limite all’organizzazione dell’imprenditore individuale o del lavoratore autonomo sia in relazione all’impiego di beni strumentali, sia in relazione al coinvolgimento di collaboratori e dipendenti ha potenzialmente allargato il regime a soggetti tutt’altro che minimi.
Ovviamente le ditte individuali che avessero necessità di dotarsi di beni strumentali di valore significativo o che avessero una struttura di costi operativi particolarmente elevata potrebbero non avere convenienza a beneficiare del regime forfettario perché il fatto di non poter detrarre l’IVA relativa ad investimenti ed acquisti sarebbe estremamente oneroso e perché probabilmente il reddito calcolato con criteri ordinari risulterebbe decisamente inferiore a quello determinato con le percentuali forfettarie di abbattimento dei compensi e quindi l’Irpef e contributi potrebbero risultare addirittura inferiori rispetto all’ammontare della flat tax.
Al fine di evitare artificiosi frazionamenti delle attività d’impresa o di lavoro autonomo è stata estesa la causa di esclusione per la partita iva individuale che contestualmente partecipa a soggetti giuridici tassati per trasparenza in capo ai propri soci (principalmente associazioni professionali e società di persone) e dal 2019 anche ad una SRL ordinariamente soggetta ad IRES. Con riferimento solo a queste ultime però nella versione finale della rinnovata normativa è stato previsto che la causa di esclusione si applica solo se la SRL svolge un’attività afferente o semplicemente riconducibile a quella esercitata della partita iva individuale E che la partecipazione da questi detenuta gli garantisca direttamente o indirettamente il controllo della società.
Se la finalità di tale causa di esclusione è, come dichiarato nella relazione illustrativa presentata in Parlamento, quello di evitare di prestare il fianco ad un utilizzo elusivo del regime di vantaggio mettendosi d’accordo con famigliari ed amici non si capisce perché la limitazione dell’afferenza dell’attività della persona giuridica e la possibilità di poterne influenzare le decisioni debba riguardare esclusivamente le SRL. Probabilmente la risposta sta nel fatto che l’arbitraggio che si può ottenere in termini di risparmio d’imposta e quindi di danno per l’Erario con una SRL sarà stato considerato di modesta entità considerando che ci sono solo 9 punti percentuali tra il 15% della Flat Tax ed il 24% dell’IRES . Per un discorso di equità e di coerenza normativa si ritiene che le puntualizzazioni fornite per le SRL dovrebbero essere estese anche alle altre forme societarie tassate per trasparenza ai sensi dell’articolo 5 del Tuir o quantomeno si dovrebbe chiarire ufficialmente una volta per tutte, e non solo in via interpretativa in forza di qualche risoluzione riferita all’analogo vecchio regime dei contribuenti minimi, che la partecipazione ad una SOCIETÀ SEMPLICE che svolge attività agricola o di mera gestione immobiliare o mobiliare non costituisca causa di esclusione in quanto la tipologia di reddito che questa trasferisce ai propri soci è di diversa natura rispetto a quello di impresa o lavoro autonomo prodotto dalla partita iva individuale.
L’aspetto che mi lascia più perplesso dell’attuale allargamento della platea dei potenziali contribuenti forfettari è relativo ai potenziali effetti distorsivi che si potranno venire a creare sul mercato soprattutto in relazione a quelle attività prevalentemente orientate ai consumatori finali e mi suona strano che l’OCSE e la Comunità Europea sempre molto sensibili agli aspetti collegati alla libera concorrenza non abbiano ancora sollevato eccezioni. Mi spiego meglio.
Il regime forfettario in vigore fino alla fine del 2018 prevedeva soglie massimali di compensi e ricavi diverse a seconda della tipologia di attività. Questo in quanto un’attività di natura commerciale o di trasformazione artigianale comporta necessariamente un volume d’affari superiore a quello conseguibile da un consulente o da un libero professionista che si limita a vendere il proprio tempo e la propria competenza. Sebbene siano state mantenute le vecchie percentuali di redditività o, leggendo al reciproco, di abbattimento forfettario di compensi e ricavi distinti fra diverse attività la prima “ingiustizia” che si riscontra è proprio tra gli stessi soggetti ammessi al regime forfettario.
Così mentre fino alla fine del 2018 i redditi massimi conseguibili dalle diverse attività si discostavano fra loro di poche migliaia di euro e costituivano il “minimo indispensabile” per sopravvivere dignitosamente dopo aver pagato contributi (indicativamente pari ad un 25% circa del reddito) ed imposta sostitutiva del 15% (5%) su quello che residuava, oggi la forbice tra coloro che possono conseguire i redditi più alti e quelli più bassi si è decisamente allargata a discapito di alcune categorie di attività.
Così, per esempio, ad agenti di commercio ed artigiani edili sono le soglie massime di compensi conseguibili sono state incrementate del 160% e quindi in buona sostanza i margini di guadagno (e di emersione in ottica Agenzia Entrate) per un piccolo ristoratore o un commerciante i massimi ricavi conseguibili sono passati da 50.000 a 65.000 (+33%).
Questa tabella riepilogativa renderà meglio il concetto.
Limite ricavi compensi ante 2019 | Coefficiente di redditività | Massimo reddito lordo conseguibile ante 2019 | Massimo reddito conseguibile post 2019 | Maggior reddito lordo conseguibile | Variazione % tra massimi redditi conseguibili | |
Industrie alimentari e delle bevande | 45.000 | 40% | 18.000 | 26.000 | 8.000 | 44% |
Commercio all’ingrosso e al dettaglio | 50.000 | 40% | 20.000 | 26.000 | 6.000 | 30% |
Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande | 40.000 | 40% | 16.000 | 26.000 | 10.000 | 63% |
Commercio ambulante di altri prodotti | 30.000 | 54% | 16.200 | 35.100 | 18.900 | 117% |
Costruzioni e attività immobiliari | 25.000 | 86% | 21.500 | 55.900 | 34.400 | 160% |
Intermediari del commercio | 25.000 | 62% | 15.500 | 40.300 | 24.800 | 160% |
Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione | 50.000 | 40% | 20.000 | 26.000 | 6.000 | 30% |
Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi | 30.000 | 78% | 23.400 | 50.700 | 27.300 | 117% |
Altre attività economiche | 30.000 | 67% | 20.100 | 43.550 | 23.450 | 117% |
MEDIA | 18.967 | 36.617 | 17.650 | 93% |
Se aggiungiamo poi che per alcune categorie di attività (vedi per esempio consulenti, agenti, professionisti) la struttura dei costi è rappresentata principalmente in spese fisse (che spesso si dimostrano inferiori alle percentuali forfettarie, soprattutto se questi lavorano da casa come freelance o presso le strutture dei loro più importanti clienti) mentre per altre categorie di attività (commercianti in primis) hanno invece una struttura carica di costi variabili che può effettivamente arrivare al 60% dei ricavi la forbice sui redditi effettivi e non quelli meramente teorici rischia di essere ancora più alta.
La seconda grande ingiustizia si verifica a danno di chi ha scelto di unire le forse e fare squadra sotto il cappello di una vera e propria organizzazione societaria.
Per illustrare il concetto immaginiamo due architetti che lavorano prevalentemente nel settore delle ristrutturazioni edilizie e quindi con condomini e clienti privati che “magari” hanno anche piacere di ricevere regolare fattura visto che possono recuperare almeno il 50% della spesa complessiva detraendola ai fini IRPEF. Questi due professionisti avevano saggiamente deciso in passato di formalizzare la loro reciproca collaborazione costituendo la propria associazione professionale al fine sia di condividere, e quindi contenere, i costi fissi (ufficio, software, un praticante, una segretaria factotum part time…), ma soprattutto al fine di supportarsi e sostenersi a vicenda sia dal punto di vista professionale specializzandosi ciascuno in un determinato comparto, sia dal lato “assistenziale” in caso di malattia, infortunio o di semplice temporaneo impedimento di uno dei due. Ipotizziamo anche che, essendo molto bravi sia tecnicamente sia commercialmente, la loro associazione riesca a fatturare mediamente € 130.000 all’anno e che abbiano un’effettiva struttura di costi pari a circa il 22% dei compensi incassati.
Supponiamo anche, per semplicità di calcolo, che i due Soci si ripartiscano i redditi metà ciascuno. Complessivamente al netto di contributi all’Inarcassa, IRAP, Irpef ed addizionali, ma senza considerare eventuali deduzioni e detrazioni per oneri rimangono loro 27.600 ciascuno (sono sicuro che molti architetti intravvedendo in tale numero l’equivalente di circa 3.000 euro netti al mese esclameranno: “Magari fosse così!”)
La stessa attività gestita mediante due partite IVA individuali in regime forfettario gli consente di conseguire un reddito netto spendibile di circa 9.000 in più ciascuno senza considerare l’effetto dell’ulteriore agevolazione che si potrebbe manifestare nei primi anni di attività professionale (dove però dubito si possa arrivare ai nuovi massimali solo con le proprie forze).
La differenza di guadagno sopra esemplificata sarebbe di per sé già abbastanza significativa per sostenere che l’attuale estensione del regime forfettario rischia di alterare la concorrenza a danno dei lavoratori autonomi in senso lato che preferissero per motivi diversi da una mera convenienza fiscale o che per svariate ragioni non possono esimersi dal partecipare ad una qualche società. Esistono però ulteriori elementi che amplificano questo rischio. Vediamo quali.
- Il primo fattore di “concorrenza sleale” è che il cliente consumatore finale del forfettario non è gravato dell’IVA che ordinariamente rappresenta già oltre un quinto dell’intero corrispettivo. E ricordiamo che l’aliquota IVA è destinata a salire passando dal 22% al 25,2% a partire dal prossimo anno per arrivare al 26,5% a partire dal 2021, salvo il contenimento della spesa pubblica o il reperimento di analoghe risorse in altro modo. Il forfettario potrà dunque presentarsi sul mercato con un prezzo finale per il consumatore finale decisamente più basso rispetto alla concorrenza o proporre un prezzo in linea con il resto del mercato ma carico di una marginalità di guadagno tanto superiore quanto più bassa è la sua struttura di costi soggetti ad IVA.
- Il secondo elemento di “concorrenza sleale”, tutt’altro che trascurabile è che per il forfettario sono stati ridotti al minimo gli adempimenti amministrativi e contabili e di conseguenza può beneficiare di un significativo risparmio di tempo e di spesa. Non siamo in grado di quantificare puntualmente questo risparmio, ma si ritiene di non sbagliare di molto se si indicasse un valore compreso tra il 5 ed il 10% dei compensi incassati.
- L’ultimo fattore di “concorrenza sleale” ha natura esclusivamente finanziaria, ma in alcuni casi potrebbe avere anche degli effetti economici non del tutto trascurabili. Si tratta del fatto che il lavoratore autonomo forfettario non subisce la classica ritenuta alla fonte.
A CONCLUSIONE di queste lunghe e per alcuni probabilmente anche noiose riflessioni sulla recente estensione del regime forfettario rileviamo che la norma agevolativa consente a coloro che possono avvalersene dei concreti ed evidenti vantaggi di natura fiscale ed amministrativa e questo è un BENE, ma sono così marcati che rischiano di creare significative disparità di trattamento fra contribuenti che manifestano, a parità di altre condizioni, analoga capacità contributiva e questo NON è in linea con i principi della nostra COSTITUZIONE.
Inoltre abbiamo visto che si potrebbero manifestare anche degli effetti distorsivi della concorrenza fra lavoratori autonomi, artigiani e piccoli imprenditori che svolgono la medesima attività e corrono analoghi rischi e questo è un ulteriore difetto che siamo convinti che il legislatore potrà sanare con aggiustamenti successivi.