In materia di finanza innovativa gli anglosassoni in generale ed i londinesi in particolare sono sempre stati un passo avanti agli altri, ma l’Italia negli ultimi anni si sta progressivamente dotando di un’ottima ed innovativa normativa volta a favorire la ricerca e la raccolta di capitali, di rischio e di debito, da parte di Startup e Piccole e Medie Imprese innovative e recentemente anche “mature”.
Concentriamo, per il momento, l’attenzione sulla raccolta dei capitali di rischio attraverso portali online o altrimenti dette piattaforme di equity crowdfunding: pratica prevista dal nostro legislatore dalla fine del 2012 ma ad oggi ancora relativamente poco diffusa e conosciuta sia da parte del popolo dei potenziali investitori sia dal lato degli imprenditori disposti ad aprire la propria società ad un’auspicabile folla di nuovi Soci.
E’ opportuno precisare fin dall’inizio che i soggetti che gestiscono questi portali, sebbene non siano necessariamente banche o società di gestione del risparmio, sono comunque imprese specializzate ed iscritte in un apposito registro istituito presso la CONSOB e da questa vigilate in funzione di disposizioni ben definite.
La caratteristica principale è che i portali non svolgono una funzione di intermediario finanziario in senso stretto, ma sono più simili ad una sorta di marketplace digitale che consente ad imprese ed aspiranti investitori di incontrarsi per eventualmente diventare parte della medesima società. Internet e le tecnologie digitali consentono di ridurre tempi e costi di informazione e di transazione, di essere potenzialmente fruibili da chiunque e di poter operare comodamente da qualsiasi angolo del pianeta.
Singole persone fisiche, ma anche investitori professionali e qualificati possono, dopo aver acquisito sul portale, in modo semplice e veloce, tutte le informazioni circa l’impresa alla ricerca di capitali, la sua valorizzazione, i dati economici e finanziari storici e prospettici del progetto da finanziare e le persone impegnate nel portarlo avanti, possono decidere di investire arrivando a perfezionare il bonifico di sottoscrizione dell’aumento di capitale con pochi click stando comodamente seduti nella poltrona di casa propria.
Ovviamente è importante che evidenziare che il perfezionamento di un’operazione del genere potrebbe comportare il rischio della perdita dell’intero capitale investito e che qualora si trovasse nella necessità di dover liquidare la propria quota di partecipazione potrebbe incontrare non poche difficoltà. Si tratta di quote di SRL non quotate su mercati di borsa e la tipologia di società finora finanziate (prevalentemente startup e PMI innovative) hanno caratteristiche tali da richiedere diversi anni prima che ci possa essere la possibilità di un’eventuale liquidazione dell’investimento iniziale. Questa inoltre risulta spesso legata alle sorti dei Soci fondatori e degli investitori professionali (ossia quelli specificatamente individuati dall'art. 2 comma 1 lettera j del Regolamento Consob, le Fondazioni bancarie, gli Incubatori di startup innovative, gli Investitori a supporto dell'innovazione ossia investitori qualificati con esperienza nel settore del comparto delle innovative) che per legge devono partecipare al capitale della società acquisendo una quota di partecipazione di almeno il 5%.
Stando ai dati raccolti in una ricerca pubblicata a luglio dello scorso anno dal Politecnico di Milano, dall’introduzione dello strumento crowd al 30 giugno 2018 avevano provato a raccogliere capitali di rischio tramite piattaforme internet appena 214 aziende. Di queste campagne solamente 134 si sono chiuse con successo raccogliendo complessivamente circa 33 milioni di euro. Veramente poca cosa se rapportato alla dimensione del mercato italiano dei capitali, ma il settore è in crescita esponenziale infatti, in termini di capitale raccolto, si è passati da 4,2 Milioni nel 2016 a 11,7 Milioni nel 2017 e nel primo semestre 2018 erano già stati raccolti oltre 14 Milioni (si stima che nel 2018 si siano complessivamente superati i 36 Milioni). La crescita è dovuta sia ad una maggiore conoscenza dello strumento da parte degli aspiranti investitori che riduce la tipica diffidenza iniziale nei confronti delle novità, sia dalla possibilità concessa nel 2018 anche alle PMI diverse da quelle “innovative” di avviare una campagna di aumento di capitale tramite piattaforme internet. Con la crescita del mercato anche i portali che finora sono stati piuttosto generalisti nel selezionare le imprese da proporre stanno cercando di distinguersi e avranno la possibilità di provare a specializzarsi per settori, taglio minimo di investimento, dimensione o fase di vita della PMI. A tal proposito si segnala, sebbene sia un portale principalmente dedicato al lending crowudfunding (quindi operante per la raccolta di capitale di debito più che di rischio), l’ingresso sul mercato italiano della piattaforma spagnola Housers che opera esclusivamente per finanziare il settore immobiliare.
Abbiamo già evidenziato l’attenzione e la consapevolezza che l’aspirante investitore deve avere nell’approcciare un investimento a titolo di capitale di rischio, ma ci piace far emergere come questo strumento, a differenza del tradizionale acquisto di azioni di grandi società quotate in borsa, consenta con tagli di investimento anche di modesta entità (da poche centinaia ad alcune migliaia di euro) di potersi sentire parte attiva nel contribuire alla crescita di un progetto imprenditoriale in un comparto in cui magari si ritiene di avere anche conoscenze, esperienza e relazioni per contribuire in modo diverso ed ulteriore rispetto al semplice investimento in denaro. A seguito della sottoscrizione l’investitore diventa un SOCIO dell’impresa con la S maiuscola e questo gli consentirà realmente di partecipare alle riunioni loro dedicate, di conoscere gli amministratori e confrontarsi con loro su soluzioni e strategie proposte. Inoltre l’investitore, per piccolo che sia, sentendosi direttamente coinvolto nell’impresa, si farà egli stesso suo portavoce e promotore verso la propria cerchia di parenti, amici e conoscenti.
Specularmente DAL LATO DELL’IMPRESA l’avvio di una campagna di equity crowdfunding può rappresentare molto di più di una semplice occasione per reperire denaro utile allo sviluppo dei propri progetti.
Costituisce innanzitutto il momento per aprirsi al mondo esterno e quindi per raccontare non solo prodotti e servizi che l’impresa tipicamente offre e che, con buona probabilità già promuove a vario titolo con pubblicità e comunicazione, ma anche per mettere in luce le persone ed i progetti che lavorano e stanno dietro alle soluzioni offerte. Può rappresentare quindi una vera e propria occasione di marketing per farsi conoscere e per dare ulteriore valore al proprio brand anche nei confronti della clientela.
Nell’aprirsi al mercato dei capitali, sebbene non borsistico, l’impresa ha l’interesse (oltre che il dovere) di aumentare il proprio grado di trasparenza e di migliorare ulteriormente i propri processi gestionali in modo che siano in grado di produrre tempestivamente informazioni utili al monitoraggio dell’andamento aziendale e ad eventuali correzioni di rotta.
I fondatori e gli imprenditori che aprono la propria società a decine o, in alcuni casi, a centinaia di piccoli investitori si caricano inevitabilmente di ulteriori e più onerose responsabilità che quasi sempre fungono da stimolo per cercare di impegnarsi ancor di più nel proprio lavoro. Tanti occhi e tante orecchie toccate nel portafoglio aumentano naturalmente anche il controllo e lo spirito critico verso l’operato degli stessi amministratori e questo è un bene fino a quando non diventa eccessivo in relazione agli interessi in gioco ed alla dimensione dell’impresa o peggio ancora pretestuoso. A tal proposito si precisa che, anche al fine di evitare di trovarsi a dover gestire situazioni con i Soci che rischino di intralciare lo sviluppo e l’operatività quotidiana dell’impresa invece che favorirla, può essere prevista una tipologia di quote con diritti limitati a quelli meramente patrimoniali. Normalmente si distingue tra quote con pieni diritti di voto e partecipazione alla vita sociale e quote con esclusivamente diritti patrimoniali a seconda dell’ammontare di capitale complessivamente sottoscritto dall’investitore.
In conclusione si segnala che qualora l’investimento venga effettuato nei confronti di una startup innovativa, intesa in senso tecnico ai sensi dell’articolo 25 e seguenti del DL 179/2012, si ha diritto ad una detrazione a riduzione dell’IRPEF dovuta dall’investitore pari al 30% dell’ammontare investito o, qualora l’investitore sia un soggetto IRES ad un abbattimento del reddito imponibile del 30% dell’investimento. Tale agevolazione prevede l’impegno a detenere la quota di partecipazione per almeno 3 anni dall’investimento. Con comunicato del 18/12/2018 il Ministero dello Sviluppo Economico ha reso noto che la Commissione Europea ha autorizzato l’estensione di tale agevolazione anche alle PMI innovative di cui al DL 3/2015.
In ultimo si segnala come la legge di bilancio per il 2019 (L.145/2018 art.1 commi 218 e 220) abbia, subordinatamente ad un’ulteriore autorizzazione della Commissione Europea, aumentato la percentuale di detrazione dal 30 al 40% e quella di deduzione per i soggetti IRES dal 30 al 50% con riferimento agli investimenti effettuati a partire dal 2019.
La logica di questa indiretta partecipazione pubblica all’investimento in imprese innovative e soprattutto molto giovani (si considerano startup quelle costituite da non più di 60 mesi) è per favorire la selezione ed il finanziamento privato di realtà che ci si augura possano presto diventare grandi e capaci di dare lavoro e sviluppo al Paese autofinanziandosi, ma di cui si è consapevoli che solamente una minima parte dei “bulbi” presenti sul mercato saranno in grado di far sbocciare fiori di preziosissimo ZAFFERANO.