Prima racconterò le storie che hanno alimentato nelle scorse settimane due pronunce della giurisprudenza e poi mi lascerò andare in qualche riflessione che le accomuna.
La prima storia è ambientata in uno splendido angolo della già bellissima Sardegna ed in particolare in un hotel di lusso in cui soggiornano calciatori, sceicchi e facoltosi personaggi provenienti da ogni parte del mondo.
Il protagonista è il responsabile dell’accoglienza degli ospiti dell’albergo: colui che si occupa di gestire le prenotazioni, assegnare le stanze, curare i rapporti con i clienti dal primo contatto al momento in cui terminano la vacanza. Si tratta di un lavoratore dipendente della società che gestisce l’albergo che, stando alle retribuzioni previste dai accordi collettivi nazionali, dovrebbe percepire un discreto stipendio che ipotizziamo con un po’ di fantasia ragionata di circa 50.000 euro lordi su base annua. Questo signore è veramente molto bravo nel suo lavoro tanto che gli ospiti dell’albergo spesso sono felici di riconoscergli qualche “piccola” mancia per ringraziarlo personalmente dei suoi servizi ovviamente in aggiunta al conto già piuttosto salato che pagano dopo aver chiuso le valige.
L’Agenzia delle Entrate ha ricostruito le mance che questo lavoratore ha incassato nel 2005 dimenticandosi di comunicarlo al proprio datore di lavoro e l’anno successivo di inserirle nella propria dichiarazioni dei redditi.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 26510 del 30/9/2021 ha confermato che anche quelle mance, conseguite in ragione del rapporto di lavoro dipendente, dovevano concorrere alla formazione di tale reddito anche se non riconosciute direttamente dal datore di lavoro e pertanto dovevano essere assoggettate a tassazione e contribuzione.
La seconda storia riguarda una signorina di bella presenza arrivata in Italia da un paese molto lontano che ha messo a frutto le doti di cui madre natura l’aveva dotata. Immagino che il contesto in cui abbia vissuto questa ragazza non sia nemmeno lontanamente equiparabile a quello in cui lavorava l’ottimo responsabile dell’accoglienza dell’hotel di cui sopra, ma anche lei è senz’altro stata molto brava ed è stata altrettanto apprezzata per quelli che potremmo definire con il codice ATECO 96.09 “Servizi alla persona non classificati altrove”.
La Guardia di Finanza a seguito di alcune indagini ha riscontrato che questa ragazza non solo aveva un buon tenore di vita, ma trasferiva sistematicamente una parte dei suoi risparmi ai parenti rimasti nel Paese di origine ed è riuscita ad acquistare anche un paio di abitazioni dopo appena alcuni anni dal suo arrivo in Italia. Lei stessa ha dichiarato che i proventi per tutto ciò derivavano dalla sua prostituzione.
Di tali proventi conseguiti nei vari anni oggetto di indagine non è mai stata presentata alcuna dichiarazione dei redditi e l’Agenzia delle Entrate ha provveduto a ricondurli a tassazione sulla base di quanto ricostruito dalla Guardia di Finanza. In realtà per quanto ci è dato di sapere ha accertato esclusivamente 2 dei 5 anni che sono stati oggetto di verifica.
Nel caso di specie la giurisprudenza non è stata chiamata a discutere se l’attività di meretricio potesse o meno essere assoggettata a tassazione in quanto su questo tema la nostra Cassazione si è già pronunciata favorevolmente in più occasioni, quanto piuttosto sulla tipologia di reddito che la contribuente aveva prodotto.
In primo grado di giudizio era stata accolta la tesi dell’Agenzia con cui si affermava che tale attività aveva carattere di abitualità e “professionalità” e pertanto doveva essere ricondotta tra i redditi di lavoro autonomo ed oltre alle tasse doveva scontare anche l’IVA e i contributi previdenziali. La commissione tributaria adita in appello stante l’esiguità dei proventi ricostruiti in sede di verifica ritiene con riferimento ai due anni oggetto di accertamento che debbano essere ricondotti nell’ambito dei redditi diversi di cui all’articolo 67 comma 1 lettera l) del Tuir quali redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e pertanto escluse da IVA e contribuzione previdenziale.
FINE DELLA STORIA ED INIZIO DEI COMMENTI
La prima riflessione è collegata all’inquadramento delle fattispecie reddituali. Nel nostro ordinamento non è detto che ogni forma di incremento patrimoniale o arricchimento personale debba essere assoggettato a tassazione, in quanto anche la previsione residuale dei redditi diversi di cui all’articolo 6 comma 1 lett. i) descrive analiticamente quando vi sia materia imponibile.
La mancia o la paghetta che il nonno riconosce al nipotino e un bel regalo che l’amante dona all’amata (o viceversa), magari a seguito di un unico rapporto sessuale occasionale, continuano, e meno male, a non far emergere redditi imponibili in capo ai rispettivi beneficiari.
La seconda considerazione riguarda invece la possibilità di fare emergere alcuni redditi che per loro natura si prestano a rimanere sommersi anche da parte dei contribuenti più onesti ed in buona fede. In quest’ultimo anno con la lotteria dello scontrino e con il ricchissimo cash back si è spinto molto su un utilizzo più generalizzato e diffuso dei sistemi di pagamento elettronico proprio al fine di poter monitorare anche le transazioni finanziarie di importo più contenuto.
In Italia la prostituzione non è considerata un’attività illecita, ma i fruitori di tali servizi con buona probabilità non hanno piacere di tenere memoria nei propri estratti conto delle loro fughe d’amore. E per quanto riguarda le mance in Italia manca la cultura presente in altri Paesi dove questa è più che una semplice gratifica e il TIP in alcuni casi è componente obbligatoria, ma separata e come tale evidenziata in fattura, del corrispettivo per il servizio ricevuto.
L’ultima non è né una riflessione né una considerazione ma una semplice osservazione in merito agli importi in senso assoluto.
Al responsabile dell’accoglienza della prima storia sono stati accertati maggiori redditi derivanti da mance per ben 77.321 euro in un solo anno!
Alla signorina, che si è ritenuto svolgere l’attività di meretricio in modo del tutto occasionale, negli anni oggetto di accertamento la GdF aveva recuperato elementi di prova per poter accertare “solo” una dozzina di migliaia di euro di reddito, ma per l’anno prima i presunti redditi non dichiarati erano circa 72.000 e per quello ancora prima quasi 155.000!
MORALE
Con il semplice buon senso in relazione agli importi di cui sopra e senza ragionamenti in punta di diritto particolarmente raffinati ritengo che queste non siano storie di evasione di sussistenza, ma storie di evasione punto e basta che richiedono un enorme sforzo per farle emergere.
Speriamo che l’effettivo recupero per le casse dello Stato non sia leggero come un ago di pino sul suo ramo d'autunno.