LA FAVOLA DEL GIARDINIERE D’ARTE E IL RIENTRO DEI CERVELLI

Non so quanti lo sappiano, ma in Italia abbiamo un’ottima scuola di formazione per giardinieri d’arte per giardini e parchi storici apprezzati e ricercati in ogni parte del mondo. Mi rammarico un po’ di averlo scoperto quando i miei dadi erano già stati tirati e soprattutto di non averne intuito le effettive potenzialità e gli sbocchi professionali fino a quando non ho ascoltato la favola di Delù.

I corsi sono generalmente totalmente gratuiti per lo studente in quanto finanziati con fondi regionali.

Come per tutti i corsi professionali del monte complessivo di ore di formazione (circa 600) una metà viene svolta in aula e l'altra metà viene svolta in campo per iniziare a mettere concretamente in pratica quanto studiato, sotto la guida di qualcuno con tanti più anni di esperienza.

Giovanni Delù è un ragazzo nato e cresciuto nelle campagne di Casale Monferrato che dopo la maturità scientifica e qualche ballerina esperienza lavorativa in giardini e frutteti, frequenta uno dei corsi per giardinieri d’arte finanziato dalla Regione Piemonte, fa pratica nel parco della Reggia di Venaria Reale e ottiene la qualifica.

Grazie a quella qualifica ed alle relazioni che si era potuto costruire durante il corso di formazione ottiene la possibilità di fare uno stage a Versailles in uno dei giardini più vasti e famosi del mondo. Giovanni lascia le campagne di Casale per andare a Parigi all’età di 22 anni e lì vi rimane.

"Passano gli anni ma otto son lunghi però quel ragazzo ne ha fatta di strada" cantava Adriano Celentano raccontando di un'altra storia che comunque ha diversi aspetti in comune con quella di Giovanni...

Inizia a lavorare nell’Hameau de la Reine, la parte più bucolica e pittoresca del parco, abitata da animali selvatici e dove la regina Maria Antonietta aveva creato il suo angolo di paradiso lontano dagli occhi dei cortigiani. A seguire viene inserito nella squadra che si prende cura del Potager de la Reine, l'orto giardino che era stato destinato alla produzione di ortaggi per il ristorante parigino dello chef più stellato al mondo Alain Ducasse.

Giovanni ha occasione di confrontarsi con giardinieri provenienti da diversi Paesi, ha l’opportunità di imparare molto anche se la regola fondamentale è che in giardino comanda la Natura.

Alla fine del 2020 Versailles accetta di collaborare con la Maison Francis Kurkdjian per realizzare ex novo un giardino dedicato al culto e all'arte della profumeria. Viene individuato uno spazio all'aperto all'interno dell'Orangerie di Châteauneuf nel contesto del mitico Trianon e Giovanni viene messo a capo del progetto.

In tre anni di lavoro le Jardin du Parfumeur prende forma e a fine giugno 2023 ha aperto al pubblico le porte degli spesi muri che lo proteggono. E’ stato letteralmente preso d’assalto e presto i suoi "custodi" sono stati costretti a richiuderle di nuovo per una condivisione più moderata e ragionata vista la peculiarità del giardino.

Abbiamo conosciuto Giovanni durante una conferenza al Castello di Masino a poca distanza dalla sua Casale. Et Voilà il suo italiano era ormai pieno di intercalari e parole francesi.

Quando ad agosto siamo passati a trovarlo a sorpresa nel suo giardino di Versailles, Giovanni stava per andare a pranzo per poi iniziare il suo turno di riposo domenicale tagliando legna per l’inverno. Ci ha comunque aperto le porte ed abbiamo avuto l’onore di essere accompagnati alla scoperta degli angoli più nascosti e delle piante più curiose. Ci ha offerto il caffè nel capannone degli attrezzi, ci ha raccontato storie e aneddoti che porteremo con noi ed ho compreso che lui si trova così bene in Francia che difficilmente tornerà in Italia.

Abbiamo intuito che Cupido lo ha colpito con qualche freccia, ma non è solo una questione d’amore.

Ci raccontava che sebbene lui abbia sistematicamente le mani sporche di terra e bruciate dal gelo o dal sole è inquadrato come un funzionario alle dirette dipendenze del Ministero dei Beni Culturali. Il riconoscimento della sua professionalità è tangibile, il rispetto di cui può godere dal guardiano che ci ha accompagnato da lui all’imprenditore profumiere e mecenate che cofinanzia con milioni di euro il progetto, per non parlare della stima di visitatori comuni o appassionati come me, vanno oltre a qualsiasi retribuzione possa percepire che comunque sarà anch’essa senz’altro adeguata.

Volevo accennargli delle agevolazioni esagerate che l’Italia è disposta a riconoscere a gente come lui che decidesse di tornare a casa dopo essere stati residenti all’estero per almeno due anni, ma mi sono trattenuto per non sottrarre altro tempo alla sua legna per l’inverno e per non rovinare la poesia di quell’oretta trascorsa insieme.

LE AGEVOLAZIONI PER IL RIENTRO DEI CERVELLI IN FUGA

Faccio cenno qui di seguito alle misure agevolative attualmente in essere e di come potrebbero cambiare a partire dal 1° gennaio 2024 qualora le previsioni della bozza di decreto attuativo relativamente alla delega di riforma della fiscalità internazionale circolata ad inizio della scorsa settimana dovessero essere confermate.

Attualmente se un italiano rientra in Italia dopo aver trascorso almeno 2 anni all’estero potrà beneficiare di un’esenzione del 70% sui redditi di lavoro dipendente e assimilati o su quelli d’impresa o lavoro autonomo che andrà a produrre in Italia nei successivi 5 anni rispetto all’ultimo trascorso all’estero.

L’agevolazione si può prolungare di ulteriori 5 anni se nel corso dei primi 5 il rimpatriato affonda le proprie radici comprando un’abitazione o diventando genitore di un bel bambino.

L’esenzione sale dal 70% al 90% dei redditi prodotti se il rimpatriato trasferisce la residenza in una regione del sud Italia o in Sardegna.

L’unica cosa che si chiede al rimpatriato è di rimanere in Italia per almeno 2 anni.

Per coloro che trasferiranno la residenza in Italia dal 1° gennaio 2024 i requisiti per beneficiare dell’agevolazione saranno un po’ più stringenti in quanto:

  1. gli anni fiscali trascorsi all’estero dovranno essere almeno 3;
  2. le professionalità e/o i titoli di studio possedute non potranno più essere del tutto generiche o inesistenti;
  3. l’impegno a non scappare nuovamente dall’Italia passerà da 2 a 5 anni;
  4. l’esenzione dei redditi scenderà dal 70% al 50% mentre rimarrà quella del 90% per coloro che si trasferiranno al Sud;
  5. verrebbe introdotto un massimale di reddito agevolabile di 600.000 euro per anno d’imposta che in ogni caso per chiunque non sia un calciatore rimane un reddito da capogiro!

QUALCHE NUMERO SULLA FUGA DEI CERVELLI E UN COMMENTO FINALE

Negli ultimi 10 anni (periodo 2012-2021) l’ISTAT ci informa che circa un milione di italiani ha lasciato il Bel Paese. L’età media degli espatriati è di 30 anni per le donne e 33 per gli uomini e nell’insieme oltre il 25% era in possesso di laurea.

Qualcuno torna, ma il saldo migratorio medio che si è registrato nello stesso periodo è stato negativo per 58.000 persone all’anno che in altri termini significa, seppur con un po’ di approssimazione, che circa il 60% di chi se ne va non torna più.

Non conosciamo però né l’età media, né il titolo di studio di chi rientra, ma temiamo che tornino in Italia persone un po’ più vecchie e un po’ meno istruite di quelle che abbandonano il nostro Paese.

Questo contribuisce a:

  1. far crescere l’impoverimento culturale;
  2. regalare ad altri Paesi tutto l’investimento in istruzione profuso a beneficio dei giovani che lasciano il Paese senza più tornare;
  3. incrementare la spesa ed i servizi da riconoscersi ai rimpatriati per fini previdenziali, assistenziali e medico sanitari.

Il dato complessivo è ovviamente anche influenzato dai flussi migratori degli stranieri in Italia, ma non è certo questa la sede per approfondire l’argomento.

E’ sicuro che il Legislatore avesse ben chiari gli effetti deleteri derivanti dai trend dei flussi migratori sopra ricordati quando ha previsto “ponti d’oro”, concedendo agevolazioni fiscali esorbitanti per cercare almeno di contenere l’emorragia di giovani italiani che abbandonano il nostro Paese in cerca di miglior fortuna all’estero favorendone il loro rientro dopo che avessero maturato un’esperienza all’estero quanto più breve possibile.

A quanto pare però il risultato è stato comunque deludente visto che circa il 60% di chi se ne va difficilmente ritorna a stretto giro.

Gli anni post Covid, anche in ragione dell’ampia diffusione dello smart working, hanno innescato addirittura dei fenomeni patologici ed elusivi collegati ad una norma fiscale tanto vantaggiosa per i “rimpatriati” quanto iniqua nei confronti di chi è rimasto fedele al proprio Paese.

Il Legislatore con i correttivi previsti a partire dal 2024 cerca di rendere l’agevolazione fiscale un po’ più equa anche in ragione della maturata consapevolezza che la partita nei confronti dei giovani di ultima generazione non si può più solo giocare in termini di mero reddito netto disponile.

Sarei personalmente molto felice se la favola di Giovanni Delù si potesse concludere con il lieto fine di suo rientro in Italia per assumersi la responsabilità per esempio della cura del Parco della Venaria Reale a distanza di una decina d’anni da quando lo frequentava come studente, ma temo che per scrivere questo finale non sia sufficiente nemmeno il Legislatore più illuminato che si possa immaginare, ma sarà ahimè necessario il sacrificio ancora di qualche generazione, compresa quella dei 45/50 enni di oggi che è stata l’ultima a rimanere veramente fedele al Paese e che rischia di essere la prima a ritrovarsi con il cerino in mano.

"Il ragazzo della Via Gluck" chiude così:

" Eh no
Se andiamo avanti così, chissà
Come si farà
Chissà
Chissà
Come si farà"

I commenti sono chiusi