3 INGREDIENTI PER UN PRIMO PASSO

Per me, quella appena trascorsa, sarebbe stata una brutta settimana se non fosse per una serie di esperienze che mi è capitato di vivere nelle ultime 48 ore che mi hanno regalato serenità e nuovo entusiasmo per iniziare domani un nuovo intenso lunedì di lavoro. Risparmio quindi le sterili riflessioni che mi ero ripromesso di scrivere sull’incoerenza del presupposto impositivo del “bollo auto” e racconto di questi 3 ingredienti.

Venerdì sera, partecipando al penultimo di una serie di originali incontri organizzati dall’Ordine dei Dottori Commercialisti, aventi come tema la sicurezza di sé, sono riuscito a rendermi materialmente conto di quanta energia possa sprigionarsi da una serie di semplici respiri ben dati. L’originalità di questi incontri sta nel fatto che, all’insaputa mia e di tutti i colleghi e le colleghe che hanno “osato” iscriversi, si tengono sul tatami di una palestra di Ju Jitsu. L’esperienza della forza di un bel respiro è maturata trovando, in quel contesto, il modo di svincolarmi da una ventina di “energumeni” che mi avevano stretto e schiacciato in un “morbido” angolo della palestra.

Sabato invece, mentre tagliavo nuovamente l’erba al Parco di San Vito, sono stato colpito da un gruppetto di studentesse universitarie alla ricerca di diverse specie botaniche da catalogare, che si sono soffermate ad osservare ed a raccogliere alcune belle spighe blu di quella che ho sempre considerato una sorta di salvia selvatica. L’aspetto per me curioso di quell’osservazione è che quei fiori crescevano nelle strette crepe dell’asfalto assolato di uno dei viali del parco e, forse, proprio perché spuntavano a comoda portata di mano, erano riuscite ad attirare l’attenzione delle giovani ricercatrici molto più delle sorelle gemelle che crescevano nella baraonda di colori degli ondeggianti prati più scoscesi.

La terza esperienza è di questa mattina ed è nuovamente a sfondo floreale. Mentre andavamo con Maya ad acquistare una tortina alla frutta per festeggiare la mamma decido di allungare il tragitto in auto verso la pasticceria imboccando una strada bianca di campagna. Attraversiamo verdissimi campi di grano in corso di maturazione, di granturco appena spuntato in file ordinate, prati pronti per essere falciati non appena il tempo si stabilizzerà e ad un certo punto fermo l’auto per raccogliere a bordo strada un paio di fiori di papavero: uno per la mamma ed uno per la bimba che si stupisce e dispiace di quanto sia delicato. Il papavero è effettivamente un fiore estremamente fragile, che dura pochissimo, ma di una bellezza esplosiva, capace di donare allegria e leggerezza anche alle pietre di un muretto a secco in cui riesce a crescere. Si da fare tutto il giorno, agitandosi paonazzo sotto il sole ma già nella notte è capace di volare via senza far rumore; al mattino un nuovo bocciolo della medesima pianta avrà allargato i suoi petali per iniziare una nuova danza. Il papavero ha bisogno di poco per crescere, è assetato di sole più che di acqua e con i suoi semini leggeri di anno in anno è capace di diffondersi con esuberante vitalità tanto da prendere il sopravvento!

Dedico queste poche righe ad una giovane mamma che ho conosciuto sabato sera cenando a casa di amici. Lei tra le mura domestiche è una provetta pasticcera e mi raccontava che , ora che i figli sono un po’ più grandi, sta pensando di provare a trasformare questa passione in una piccola attività artigiana, ma è terrorizzata da tutte le difficoltà burocratiche, igienico sanitarie, fiscali, previdenziali a cui teme di andare in contro nel caso in cui decidesse di fare il primo passo. Il marito le ha già regalato l’impastatrice elettrica, chissà ora se, facendo un bel respiro, riuscirà a trovare la forza per ritagliarsi una nicchia di golosi capace di crescere di anno in anno attratti da spontaneità, leggerezza e passione contagiosa.

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