Solo per un “miracolo” di velocità dato dal connubio di gambe e monopattino quella mattina del 6 maggio sono riuscito a prendere il treno in partenza per Milano. Anche se il biglietto per Vo.Ci. 2019 era già stato prenotato da parecchio tempo sullo slancio di una felice e sicura intuizione, sono stato indeciso fino all’ultimo istante se darle seguito concretamente sottraendo un’intera giornata di lavoro. Alla fine sono prevalsi l’istinto e l’animo del giardiniere su quello più razionale del commercialista ed a posteriori il bilancio di quella giornata è stato senz’altro positivo. Vediamo perché.
La prima componente positiva di quella giornata è strettamente collegata ai temi trattati. Partendo dagli spunti offerti dal Better Life Index elaborato dall’Ocse ci si è confrontati sulla qualità della vita del nostro Paese e su come e cosa provare a fare per cercare di migliorare ove siamo più carenti. Per chi non avesse mai sentito parlare di tale indice rimando al portale dedicato http://www.oecdbetterlifeindex.org/it/countries/italy-it/ limitandomi ad accennare che è uno strumento interattivo che offre la possibilità di confrontare per ogni Paese (rappresentato da un fiore) il livello raggiunto degli 11 fattori (rappresentato dalla lunghezza dei petali) che l’OCSE considera tra gli elementi essenziali per il benessere in termini sia di condizioni di vita materiale (abitazione, reddito, lavoro) sia di qualità della vita (relazioni sociali, istruzione, ambiente, governance, salute, soddisfazione personale, sicurezza, rapporto tra vita privata e lavoro).
Confrontarsi ogni tanto su argomenti che, malgrado la loro complessità sono un po’ meno tecnici e specifici di quelli strettamente collegati alla vita professionale mi fa bene, mi offre nuovi stimoli e contribuisce ad accrescere il senso di ciò faccio ogni giorno sia in ufficio che a casa e nel tempo libero.
Il secondo contributo ricevuto è un po’ più intimo ed in qualche modo collegato ad un più generale senso di appartenenza. Partecipare al grande evento che CIVICUM è stato capace organizzare riunendo associazioni ed enti no profit di vario genere, singoli esponenti sia di istituzioni pubbliche sia di aziende private e semplici cittadini in nome del desiderio di voler provare ad unire le forze per fare oggi qualcosa per il nostro Paese, possibilmente bene e senza attendere che sia sempre qualcun altro a muovere il primo passo, mi ha fatto sentire (più che scoprire) un po’ meno solo.
La terza componente che ha alimentato l’utile del mio personalissimo bilancio è venuta dalla conferma arrivata quasi a sorpresa dalle parole di uno dei relatori (Claudia Parzani) alla domanda: “da dove poter incominciare a fare qualcosa per il bene collettivo?” Partiamo da ciò che più ci piace! Se poi ciò che ci piace coincide anche con quello che sappiamo fare meglio e con quanto di cui maggiormente c’è bisogno tanto di guadagnato perché il tempo che riusciremo a dedicare potrà generare risultati ancora più efficienti e preziosi.
L’ultimo regalo che mi sono portato a casa da quella giornata viene dalla forza e l’immediatezza dei simboli che l’hanno caratterizzata. Inizio menzionado il nome del palazzo che ha ospitato l’evento. Il caso ha voluto che l’architetto che lo ha progettato alla fine degli anni ’20 del secolo scorso facesse di cognome Mezzanotte, momento in cui un giorno finisce e contestualmente ne inizia uno nuovo.
Poi viene il contenuto del palazzo. La Borsa, il mercato per eccellenza, il luogo in cui ogni giorno si determina il valore delle più importanti aziende del pianeta ha voluto ospitare il volontariato che non ha prezzo per definizione. E questo a mio modesto avviso non è un caso.
L’ultimo simbolo viene dall’arte provocatoria di Fabrizio Cattelan sistemata al centro di Piazza Affari. Ho scoperto che la scultura è stata intitolata L.O.V.E. (Libertà, Odio, Vendetta, Eternità) e l’artista il giorno della sua presentazione l’ha dedicata all’immaginazione di tutti noi.
A me piace immaginare un momento in cui la mano abbia ancora tutte le sue dita, pollice compreso ed a tutto quello di straordinario che quelle dita insieme possono essere in grado di fare. Preferisco immaginare un LOVE senza il punto tra una lettera e l’altra.