A FARI SPENTI

Qualsiasi autovettura ha almeno 2 fari ed almeno 3 diverse tipologie di lampadine. E’ oggettivamente poco probabile che si fulminino tutte contemporaneamente.

Un motorino invece ha un faro con due sole luci: anabbagliante e abbagliante. Se poi queste sono a led e quindi comandate dall’elettronica può accadere che saltino entrambe in un sol colpo…

...e se questo dovesse succedere all’improvviso mentre viaggi in discesa ai 60/70 km/h, in un tratto di strada collinare in mezzo al bosco di una notte senza luna e con la temperatura abbondantemente sotto lo zero può anche capitare che per un attimo venga a mancare il respiro…

Anche se con il fiato sospeso, l’istinto ti porta a tirare entrambe le leve dei freni, ma appena li tocchi la testa si riaccende e l’addome si irrigidisce per rimodulare la frenata e cercare un nuovo equilibrio visto che il motorino si è già scomposto…

Solo una buona dose di fortuna può farti rimanere in piedi e consentire di fermarti senza uscire di strada.

Con i piedi per terra si riprende a respirare e si sente il cuore battere prepotentemente in gola…

Ma anche nel buio più totale qualche fioco riverbero di luce può riuscire a farsi strada. Le stelle, le luci della città dall’altra parte della collina, quelle di qualche casa sparsa in lontananza, quella rossa del freno e quella minuscola della targa posteriore sono sufficienti per far percepire ad un occhio, che si è immediatamente e generosamente dilatato al massimo delle sue capacità, un brevissimo tratto della striscia bianca dipinta sul ciglio della strada e per intuire i contorni dei rami degli alberi spogli che ti circondano, specie se si guarda verso il cielo

Fermarsi e guardarsi attorno aiuta a prendere consapevolezza di noi stessi nello spazio e nel tempo anche se estremamente ridotti.

Fino a quando non ho vissuto la terribile esperienza di vedere mio padre sdraiato a terra paralizzato da un lato del suo corpo che in modo estremamente lucido e apparentemente consapevole  mi chiedesse di aiutarlo a scendere dal letto non sapevo che la parte di cervello che riesce a decifrare i segnali che provengono dall’esterno e a dargli il giusto senso in relazione al nostro essere è del tutto distinta da quella che elabora strategie, decisioni razionali e che ci coordina l’azione. Per vivere queste due parti del cervello devono comunicare, comprendersi e nessuna delle due deve prevalere sull’altra. Pena un sicuro fallimento. 

Quella parte sinistra del mio cervello, che oltre a saper far di conto, comanda anche il lato destro del nostro corpo, mi ha fatto nuovamente stringere la manetta dell’acceleratore e ridare un filo di potenza al motore elettrico.

Ma appena il motorino ha iniziato a muoversi il tratto di striscia bianca che da fermi si riusciva ad intuire è diventato troppo corto e confuso per poter proseguire.

Nuovamente piedi per terra.

Ed ecco finalmente accendersi la giusta lampadina! Ricordo di essere anche dotato di minuscoli indicatori di direzione. Proprio quelli che, se attivati contemporaneamente, prendono anche il nome di “luci di emergenza”. Attivo quello di destra ed il suo lampeggio giallo produce una tale luce da regalarmi nuovamente la serenità di riuscire a tornare a casa senza andare a sbattere.

Riparto spavaldo, ma il semplice movimento per la seconda volta nel giro di pochi secondi altera, riducendole enormemente la mia consapevolezza e le mie capacità. Sebbene non si tratti ancora di velocità, ma di lentissimo movimento, fatico a stare in equilibrio e ad intuire la direzione che prenderà la strada nel frangete di luce che illumina quel breve tratto di riga. L’intermittenza è regolare ed equa nel concedere momenti di luce alternandoli ad altri bui, ma questi ultimi mi sembrano essere sistematicamente più lunghi.

Ci si abitua a tutto e in poco tempo si è in grado di fare miglioramenti pazzeschi…il tachimetro digitale evidenzia ora una velocità più che doppia rispetto ai primi tentativi di ripartenza e con un certo margine di sicurezza riesco a viaggiare a ben 14/15 km orari!

In questo procedere surreale ad un certo punto accade l’ennesimo colpo di scena e la strada davanti a me improvvisamente diventa sempre più chiara e senza accorgermene quando guardo nuovamente il tachimetro realizzo che sto viaggiando ben oltre i 30 km orari.

Mi stava raggiungendo un’autovettura che, con i suoi splendidi e potenti fari di profondità, illuminava a giorno il tratto di strada comune.

Quell’autovettura non mi ha superato ma, comprendendo il mio stato di difficoltà, mi ha scortato in silenzio mantenendo la giusta distanza.

Quando il bosco si è ritirato per fare spazio alle prime case, sono ricomparse le luci calde dell’illuminazione pubblica, l’auto mi ha superato e salutato con un colpetto di clacson che ho ricambiato pieno di gratitudine.

Sono tornato a casa e mi sono svegliato dal brutto sogno.

 

Quella stessa mattina, uscendo di casa sono scivolato su un velo impercettibile di galaverna gelata.  Mi sono sbucciato la fiancata del motorino, un ginocchio ed un paio di pantaloni. Sono rientrato in casa e ho cambiato questi ultimi senza nemmeno togliere il casco: per fortuna erano da 4 soldi.

Ho sollevato il mio ME, raddrizzato lo specchietto e sono andato a lavorare.

E’ stata un’altra giornata piuttosto intensa.

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