Arte è passione, ricerca, corporalità e astrazione ma anche l’Impresa è tutto questo. Impresa è lavoro di squadra, desiderio di creare valore, innovazione e perseveranza, ma anche l’Arte è tutto questo.
Entrambe corteggiano e sono corteggiate dal mondo della finanza, cercano di sopravvivere nel tempo, basano il proprio successo sull’apprezzamento del mercato sia esso quello dei consumatori, dei collezionisti o degli investitori…
Se l’impresa guarda all’arte per trarre ispirazione e per nobilitare le proprie gesta, l’arte guarda sempre più all’impresa per darsi delle regole, far aumentare la fiducia nei propri mercati e così elevarsi a settore economico più chiaro e trasparente e non più solo riconducibile ad un ristrettissima nicchia di consumatori/investitori di “oggetti” da collezione seppur preziosissimi.
Per l’intero mondo dell’arte contemporanea quella appena trascorsa è stata la settimana di Torino che grazie ad ARTissima ed all’innumerevole serie di eventi collegati è riuscita a sprigionare una bel po’ di energia in città.
Per un puro caso, o almeno credo, un importante gruppo della consulenza finanziaria indipendente (Azimut) ha voluto dedicare due intere giornate di incontro e confronto ad imprenditori e professionisti che ogni giorno contribuiscono ad alimentare l’economia reale del Paese mettendo in pratica ciascuno la propria “ARTE DI FARE IMPRESA”.
E per ulteriore combinazione proprio mercoledì sera, di ritorno da quella fiera di Milano, mi è capitato di assistere un giovane artista-imprenditore (per qualcuno magari un semplice artigiano molto bravo) nella definizione di un accordo di collaborazione pluriennale con una storica impresa del settore alimentare piemontese che gli stessi rappresentanti hanno voluto definire “sabauda” per il rigore della sua gestione e per il rispetto di valori che per alcuni aspetti ricordano un fare impresa d’altri tempi sebbene nei fatti sia eccezionalmente moderna ed all’avanguardia. L’uno ha bisogno dell’altra e viceversa ed è curioso che tutta la negoziazione che ha portato alla definizione del contratto sia avvenuta in un cocktail bar tra drink e vermouth della tradizione e stuzzichini all’avanguardia per sapore, composizione ed impiattamento. Io e “l’artista” ci siamo incontrati spesso in questi ultimi mesi, ma solo una volta in ufficio e sebbene un giorno mi abbia addirittura raggiunto al parco di San Vito mentre tagliavo l’erba nelle mie prime ore di vacanza, ritengo che anche quella chiaccherata avvenuta sulle panchine tra polvere e profumo di fieno sia stata costruttiva e proficua al pari di tutte le altre sebbene forse poco convenzionali.
Il più ampio lavoro avviato nel pieno dell’estate nasce dall’esigenza di fare in modo che l’innovativa forza creatrice dell’artista riesca a dialogare con i numeri che l’imprenditore genera, ma soprattutto che lui stesso si renda conto dei fattori e di quei comportamenti che più influenzano i suoi bilanci.
Sebbene il suo genere di creazioni artistiche non venga ancora considerato meritevole di essere esibito nelle fiere d’arte contemporanea l’artista-imprenditore trascorrerà la settimana entrante a Shanghai proprio dove qualche giorno dopo atterrerà l’intero circuito dell’arte contemporanea mondiale per un nuovo show-business.
Le ultime riflessioni di questa paginetta di pensieri in libertà vengono dal tema che ha condotto ARTissima 2019 rappresentato dal binomio DESIDERIO/CENSURA.
Persone, artisti ed imprese sono continuamente stimolate da ambizioni, desideri ed impulsi. I comportamenti che ne derivano sono sempre qualcosa di diverso da quanto immaginato che devono spesso fare i conti con la realtà. Ma la realtà che viene rappresentata è un’altra cosa ancora per di più spesso diffusa secondo logiche e dinamiche che sfuggono sempre più al controllo dell’attore.
Media e comunicazione, specie quelli digitali, alimentano fenomeni di promozione o censura, spesso algoritmici, tali da diventare essi stessi elementi determinanti per portare tanto al successo quanto al fallimento diverse iniziative creatrici.
La direttrice dell’importante fiera torinese, Ilaria Bonacossa, nella conferenza conclusiva ha affermato con esperienza di vita vissuta che il mondo delle procedure preventive ed automatizzate, degli algoritmi è tale da assuefare l’assunzione di responsabilità anche da parte di chi avrebbe l’autorità o l’autorevolezza per farlo…
E’ proprio il caso di dire che in questa particolare epoca storica tanto l’arte, quanto l’impresa stiano piuttosto sulle spine…
Solo il tempo saprà, se del caso, ammorbidirle giudicando chi sarà riuscito a creare vero valore a prescindere dal prezzo pagato.