Il giorno dopo che è nevicato, se splende il sole, è bellissimo!
Bastano pochi centimetri di coltre bianca per rendere magico e scintillante qualsiasi paesaggio ed io volevo riscoprire semplicemente quello nei dintorni di casa, godermelo ed assimilarne alcuni dettagli con tutti i sensi, ma soprattutto con somma gioia per le mie orecchie, mentre mamma, bimba e nonna erano impegnate in giro per mercatini di Natale.
Vivendo in collina quando esci di casa oltre alle classiche scelte destra, sinistra o centro di chi vive in pianura hai anche da decidere se preferisci salire o scendere. Fa freddo e decido di scendere per andare incontro al sole sorto già da almeno un’ora, ma ancora molto basso e troppo poco efficace nel diffondere il proprio tepore.
Nel corso della mia amena e bucolica passeggiata ad un certo punto mi ritrovo a risalire una ripida strada forestale scavata tra due strette pareti di tufo e bosco, quando all’improvviso PAM-PAMmmm. Una doppietta aveva scaricato i propri colpi e, a giudicare dall’intensità del rumore, a poca distanza da dove stavo passando io con la testa tra le nuvole. All’improvviso tutti i miei sensi si sintonizzano su una diversa lunghezza d’onda. In quell’angolo ombroso di bosco i miei pantaloni verdi ed il mio pile nero e peloso non andavano assolutamente bene per spiccare agli occhi di un cacciatore di cinghiali nascosto da qualche parte sopra di me e pronto ad aprire il fuoco. Indosso subito un cappello di lana di un turchese piuttosto vivace e mi arrampico velocemente in un punto in cui speravo ingenuamente di riuscire ad avere un po’ più di visibilità (di essere più facilmente notato ed a mia volta di riuscire a vedere qualcuno o qualcosa): fatica sprecata. Rimango accovacciato contro un albero illuminato dal sole, diversi minuti fermo immobile a scandagliare a 360° il bosco che mi circondava. Solo dopo aver sentito allontanarsi i campanelli dei bassotti riprendo il mio cammino. Non sono però convinto che il potenziale pericolo sia del tutto passato perché, nonostante il rumore dei cani, continua ad esserci troppo silenzio e quindi proseguo in modo molto cauto, indeciso se fare quanto più rumore possibile per farmi notare o al contrario procedere in modo silenzioso e leggero come un gatto.
Il sentiero gira in un tratto di collina più esposto al sole e la maggior luminosità rinvigorisce il mio passo.
PAM-PAMmmm
Questa volta avevano sparato, se possibile, ancora più da vicino ed istintivamente mi viene da urlare “Pedone in transito! Cessate il fuoco!” Urlo una, due, tre volte, ma non ricevo nessun segnale di risposta. Questa vicenda incomincia ad innervosirmi e proseguo deciso convinto che almeno nei dintorni abbiano preso atto della mia presenza. Finalmente riesco a notare un cacciatore con un vistosissimo gilet arancione fosforescente sopra di me che però è concentrato nel guardare oltre. Devo insistere con più richiami per farmi notare e lui in semplice risposta mi fa il gesto di stare zitto!
“Dimmi solo: posso passare o salgo al tuo fianco?”…silenzio…
“Posso passare o no?!” ripeto ringhiando un po’ di più … silenzio …
Faccio il gesto di iniziare ad andare verso di lui e finalmente mi degna del suo sguardo: “Posso passare?”
“Non dovresti, ma se vuoi, vai pure…”
“Se non devo mi fermo!”
“Vai! Vai!” mi ripete seccato accompagnando alla parole anche il gesto con la mano che ha finalmente allontanato dal grilletto.
Rispetto profondamente i cacciatori, mio nonno lo è stato ed io stesso in gioventù ho accompagnato per diversi anni alcuni cari amici molto più anziani di me in montagna per dar loro una mano sui pendii più ripidi ed impervi. Ho vissuto con loro esperienze irripetibili, ho assimilato una conoscenza ed un rispetto degli animali a cui davano la caccia e dell’ambiente in cui vivevano che la maggior parte delle persone, a discapito delle apparenze e di quello che si possa pensare, non possiede.
Nonostante la stima quel singolo cacciatore mi aveva molto indispettito.
Proseguo stizzito ed a distanza di un centinaio di metri proprio in mezzo al sentiero ne noto altri due in coppia. Entrambi con il fucile rivolto verso valle: mi fermo immediatamente. Uno dei due è molto reattivo nel notarmi e con la testa mi fa cenno di avanzare. Quando lo raggiungo sottovoce mi chiede se sono solo. Rispondo di sì e lui immediatamente diffonde via radio a tutti i cacciatori impegnati nella battuta il seguente sintetico messaggio: “Attenzione – pedone lungo la linea delle poste” e mi invita a proseguire tranquillo, ma in silenzio.
Da buon ex militare comprendo immediatamente che quello, sebbene non ostentasse i gradi, era un po’ più di un “cacciatore semplice”: ringrazio, saluto ed ubbidisco. Il secondo della coppia non sembra nemmeno essersi accorto della mia presenza tanto era concentrato.
Prima di uscire da quel tratto di bosco incontrerò almeno un’altra dozzina di cacciatori, smascherati nei loro abiti mimetici dal gilet giallo o arancione fosforescente. Dopo il messaggio ricevuto via radio tutti si aspettavano il mio passaggio e, conoscendo anche la posizione del “capo posta” che l’aveva diramato, sapevano anche la direzione da cui sarei arrivato, ma quasi tutti si sono accorti della mia presenza solo quando gli sono arrivato veramente molto vicino e spesso li ha addirittura colti di sorpresa nonostante mi muovessi con tutte le intenzioni di farmi notare. Non solo sono stato un militare, ma in un passato ormai remoto, anche un giovane istruttore che ha cercato di insegnare a maneggiare in sicurezza armi e fucili a centinaia di ragazzi altrettanto giovani. Di quella dozzina di anziani cacciatori invece, qualora fossero stati miei allievi, ne avrei risparmiato soltanto uno da una “punizione” esemplare: combinazione vuole che fosse il più giovane di tutti. L’unico che, appena si è accorto della mia presenza ha allontanato la mano destra dal grilletto e portato il fucile sulla verticale. Nel mio ruolo di pedone in transito mi sono però fatto andar bene anche i comportamenti sbagliati e distratti tenuti dagli undici a cui ho destinato una semplice smorfia di disappunto e mi sono limitato a complimentarmi con il più giovane il quale ha sorriso mantenendo un rigoroso silenzio.
Morale della favola:
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in qualsiasi contesto si operi (una sala operatoria, una società, un’impresa, un’associazione sportiva, una famiglia …) è opportuno che tutti conoscano le regole del gioco, le rispettino, e parlino la stessa lingua anche se per qualcun altro potrebbe essere incomprensibile;
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quanto più è complesso e delicato l’ambito di azione, tanto più articolate ed efficienti devono essere le procedure per la governabilità delle persone, degli imprevisti e delle incertezze che si possono presentare perché i tempi di reazione si riducono esponenzialmente;
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per far in modo che la comunicazione sia efficace non c’è bisogno di spendere fiumi di parole e di “intavolare” chilometriche riunioni, ma è importante che chi le pronuncia sia considerato abbastanza autorevole dagli altri interlocutori per essere compreso al volo;
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quando si è molto concentrati nel proprio ambito di operatività, si rischia necessariamente di perdere coscienza della visione di insieme e di ciò che accade attorno a sé: il gioco di squadra diventa fondamentale, ma ci vuole sempre qualcuno che sia presente e capace e che abbia voglia di assumersi la responsabilità di decidere.
Dedico questa storiella:
- agli amici di Starboost ed agli sforzi che fanno/facciamo per cercare di insegnare un nuovo linguaggio ad imprenditori ed investitori di ultima generazione;
- alla mia mogliettina ripensando ai racconti delle innumerevoli e spesso inconcludenti riunioni a cui è invitata a partecipare al pari di tanti altri collaboratori di grandi strutture aziendali o parapubbliche;
- a Luca, Mario, Stefano, Martino, Marcello, Marco, Mara ed a tutti quelli che, compreso il sottoscritto, in assenza di un vero e proprio capo, per quanto ci mettano tutta la buona volontà per cercare di fare le cose al meglio, ogni tanto avrebbero piacere, forse necessità, di ricevere due parole due di conforto o di rimprovero da parte di qualcuno più anziano o semplicemente più esperto in cui ripongono stima e fiducia per poter proseguire con un pizzico di serenità in più il proprio affascinante ed avventuroso cammino.