BATTAGLIA DI ARANCE CONTRO IL VIRUS DELLE NOSTRE PAURE

Si dice che a carnevale ogni scherzo vale, ma con quello del corona virus forse si è un po’ esagerato…

Proprio il giorno di giovedì grasso usciva la notizia dei primi casi di contagiati anche in Italia e da quel momento la situazione ci è letteralmente esplosa tra le mani tanto da alimentare una delle settimane più surreali che abbia mai vissuto.

Proprio quel giovedì sera io e due collaboratrici ricevevamo in studio un giovane startapparo che arrivava da Cumiana: un paesino della provincia di Torino che da due giorni sentivamo menzionare ovunque perché da lì provenivano 2 dei primi 3 casi di contagio riscontrati in Piemonte. Sebbene a distanza di tempo tali casi siano poi risultati dei falsi positivi e quindi smentiti, sabato sera non lo si sapeva ancora. Tra mille perplessità ci si siamo comunque sforzati di andare a mangiare una pizza con gli amici, ma devo ammettere che ero un po’ preoccupato e leggermente inquieto. Non solo ho “scandagliato” l’intera sala per provare a riconoscere casi di raffreddori conclamati o anche solo sospetti, ma ho evitato di salutare con il classico doppio bacino le amiche, di stringere la mano agli amici e sono arrivato al punto, uscendo dal locale affollato, di incrociare le persone dando loro le spalle rivolgendo lo sguardo verso il muro del corridoio.

Sabato sera mi sono reso conto che un atteggiamento di tale diffidenza seppur mascherato nel nome della precauzione e del rispetto altrui non solo mi disturbava, ma non poteva essere sostenibile a lungo e così ho approfondito il tema (è stato abbastanza semplice visto che non si parlava d’altro!), ho ragionato e mi sono tranquillizzato tanto da andare il giorno dopo, in totale serenità e con tutta la famiglia, alla spettacolare battaglia delle arance di Ivrea, fidandomi delle Autorità che non l’avevano vietata nonostante fosse prevista la partecipazione di almeno 100.000 persone provenienti da chissà dove.

A seguire nel fare la classica spesa settimanale domenica sera mi sono però reso conto che le conclusioni a cui ero giunto io erano ben diverse da quelle di tanta altra gente: supermercato pieno alle 7 di sera della domenica come se fosse sabato all’ora di punta, scaffali mezzi vuoti, scene di persone che buttavano alla rinfusa dentro il carrello generi di prima necessità passando tra le corsie senza mai fermarsi, richieste continue di mascherine ed amuchina il cui bancale arrivato il giorno prima ho poi scoperto essere stato esaurito in un paio d’ore…

I giorni che si sono susseguiti, sebbene per noi siano stati molto intensi perché tra Iva e certificazioni sono settimane di scadenza, in città sono sembrati come quelli della settimana di Ferragosto. Strade deserte, locali commerciali vuoti, se non addirittura chiusi, mezzi pubblici con nessuno a bordo, riunioni annullate, appuntamenti programmati da mesi rimandati a data da destinarsi…

La borsa italiana nelle 5 sedute comprese tra giovedì grasso a ieri ha perso complessivamente circa il 7,5%, ma il termometro dell’economia reale percepito dal confronto con i clienti segna una situazione ancora più preoccupante: forse non è un settore da prendere come esempio di riferimento, ma un ristoratore mi raccontava che nella migliore delle ipotesi in questi giorni hanno fatto mediamente un terzo dei coperti medi e non di certo perché è iniziata la quaresima.

Ieri il sindaco di Milano, la città forse più colpita dallo “scherzo” del corona virus, ha diffuso un video #Milanononsiferma con l’invito a coniugarlo con riferimento alla città, al comune di ciascuno di noi per cercare di fare in modo che l’intero nostro Paese non si fermi di fronte alla paura.

La battaglia delle arance ricorda e simboleggia la storica ribellione del popolo contro i soprusi di un tiranno che lo costringeva in misere condizioni di fame. Nella tradizione eporediese tutto ebbe inizio con il gesto eroico di una giovane mugnaia che ebbe IL CORAGGIO DI RIBELLARSI ALLA PAURA uccidendo il tiranno con la sua stessa spada e diventando così simbolo di una ritrovata libertà.

L’unico “dono” che potrebbe averci portato il corona virus è quello di averci consentito di percepire nuovamente un vago senso di Comunità…la speranza è che chi attualmente indirizza i nostri comportamenti sappia bene cosa sia meglio per tutti noi.

In Italia siamo frenati da tante paure che vanno ben al di là del corona virus e ce le siamo costruite tutte con le nostre stesse mani.

FIDIAMOCI DEI NOSTRI ANTICORPI,  stimoliamoli ad affrontare nuove sfide: sono certo che siano capaci di far molto meglio della mascherina più robusta che può esserci fornita!

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