IL VALORE DEL CONFRONTO TRA IMPRENDITORE ED ORGANO DI CONTROLLO: LA METAFORA DI UN GIRO IN FUORISTRADA

“Nel fine settimana ci saresti per un po’ di off road?”

Sintetico messaggio ricevuto da un amico con la passione del fuoristrada una sera di tarda primavera.

Generalmente preferisco girare per boschi ed angoli selvatici della collina torinese a piedi o in bici, ma accetto con entusiasmo (e senza il preventivo consenso famigliare!) di ritagliarmi qualche ora della domenica mattina stuzzicato dalla novità e dalla curiosità di scoprire le potenzialità di questi veri e propri muli a trazione integrale.

Ci ritroviamo alle prime luci dell’alba per iniziare quella che nella mia testa avrebbe dovuto essere una breve scampagnata domenicale, anche se mi presento scherzosamente all’amico “pilota” indossando un caschetto da trial per invitarlo scaramanticamente alla prudenza. Il 4x4 presenta i segni dell’età e qualche cicatrice che lo fanno apparire ancora più spartano e “cattivo”: nero, rialzato, con pneumatici larghi, profondamente tassellati e tenuti volutamente sgonfi, paraurti rinforzati e verricello che sporge da quello anteriore come una sorta di rostro. Piove, tanto: andiamo!

La strada forestale è stretta, la vegetazione che la circonda particolarmente fitta e rigogliosa, il fondo è reso viscido e fangoso dalla pioggia. L’amico alla guida sa il fatto suo: inserisce le ridotte, blocca il differenziale centrale, attiva la ventilazione forzata al motore in modo che non surriscaldi eccessivamente a fronte della bassissima velocità e procede sicuro senza esitazioni. Lo osservo, gli chiedo spiegazioni sul mezzo, sugli accessori e sulle modifiche che ha introdotto, assimilo gesti, manovre, rumori.

La morfologia del bosco è estremamente variegata e la strada la segue con naturalezza e disinvoltura proponendoci curve, salite, discese, dossi, impluvi che si sono trasformati in piccoli ruscelli…i vetri del fuoristrada si appannano a dimostrazione che oltre al motore anche i nostri respiri incominciano a salire di temperatura. Sebbene avessimo studiato e condiviso il percorso a tavolino sulle cartine e quindi avessimo idea della direzione da seguire, sul posto si presentano continuamente variabili non segnalate e non prevedibili che costringono l’autista a prendere una decisione dietro l’altra per proseguire il viaggio nel migliore dei modi. Ad un certo punto la strada pare non esserci più, tanti sono i rami che la invadono e si appoggiano su parabrezza e cofano schiacciati dal peso delle foglie madide d’acqua. Con un semplice sguardo l’autista mi coinvolge nella decisione se proseguire o meno. Il fondo è buono e relativamente pianeggiante e quindi decidiamo di proseguire a passo di tartaruga nonostante l’assoluta mancanza di visibilità. Dopo un po’ la vegetazione si dirada ed entrambi riprendiamo fiducia. Attraversando questa zona che è sicuramente stata oggetto di taglio nella stagione invernale appena trascorsa finalmente lo sguardo può spaziare, ma così tanta profondità di campo ci fa prendere coscienza che il pendio che attraversiamo è piuttosto ripido e la larghezza della strada lascia veramente poco margine di errore su dove far passare le ruote. Scendo dall’abitacolo e procedo davanti il mezzo in modo da avere una visione d’insieme ed osservare da un diverso angolo di osservazione, un po’ più distaccato, se c’è spazio a sufficienza per proseguire in sicurezza. Gli do l’OK e l’autista prosegue cautamente mentre da terra continuo a precederlo camminando all’indietro e mantenendo lo sguardo fisso su mezzo ed autista. Sebbene l’andatura fosse già piuttosto lenta ad un certo punto siamo costretti a fermarci perché un albero caduto sbarra letteralmente la strada. Che si fa? Non c’è spazio di manovra per girare il 4x4 e tornare indietro in retromarcia in cerca di un piccolo slargo potrebbe essere ancora più complicato e rischioso di quanto percorso finora guardando avanti. Un po’ ingenuamente, considerate le condizioni meteo, non avevamo previsto questa eventualità e così non abbiamo portato con noi ne scure, ne motosega. Fortuna vuole che l’albero caduto non sia enorme, anche se piuttosto lungo, ma soprattutto che sia secco e messo in una posizione tale che, se tirato dalla punta, grazie all’effetto leva dovremmo essere in grado di spezzarne un parte o farlo ruotare quel tanto sufficiente per riuscire a far passare le ruote. Ci attacchiamo così alla pianta. Ma nonostante l’autista sia un omone da quasi 2 metri di altezza per oltre 100 kg di muscoli, insieme riusciamo a spostare la pianta di appena pochi gradi collezionando qualche ramo rotto e diverse scivolate nel fango! Siamo già zuppi di acqua e fango ma abbiamo capito che l’idea è ragionevole e perseguibile ma serve solo più forza. L’autista decide di metter in campo la tecnologia ed i muscoli della sua Defender indicandomi di liberare il verricello. Quando c’è di mezzo la tecnologia anche i gesti più semplici come srotolare un cavo potrebbero risultare complicate soprattutto quando si è un po’ agitati e si vorrebbe anche fare in fretta. Il telecomando del verricello non da segnali di vita: “sta a vedere che sono finite le batterie!” gli eccepisco sorridendo! Non ho ancora finito di prenderlo in giro che già lui se ne esce con un comando manuale a cavo di backup il cui spinotto deve però essere inserito in un pertugio veramente infelice. L’amico non si scompone e con le sue manone riesce a collegare il cavo. Peccato che anche il comando manuale non riesce a sbloccare il cavo. Dopo una serie di tentativi e qualche esclamazione, come per magia, improvvisamente si accendono 3 belle lucine azzurre a lato del verricello che finalmente inizia a reagire ai comandi ed in poco tempo ci consente di liberare la strada. Come per tutte le magie che si rispettino non sveleremo il trucco ma ci limitiamo a dire che è questione di energia!

Risolto un problema, dopo poco se ne presenta un altro dietro una curva.

La strada davanti a noi inizia a scendere, ma sebbene le pendenze non siano niente di eccezionale sono combinate in modo tale che potrebbero far scivolare lateralmente la vettura con rischio di capottarsi finendo nella scarpata.

Per l’ennesima volta nel giro di quel breve viaggio io e l’autista ci guardiamo per capire cosa sia preferibile fare. Lui conosce il mezzo, le sue potenzialità e la capacità di reazione ai suoi comandi, io invece conosco il bosco in cui ci siamo cacciati ed apparentemente perduti, semplicemente perché ci ero capitato qualche altra volta in passato. Ritengo opportuno proseguire a piedi per qualche centinaio di metri per accertarmi delle condizioni in cui si trova, in quel preciso momento, la strada che vagamente ricordavo migliorare. Torno confermando all’amico pilota che se superiamo quella discesa il più è fatto perché a breve distanza il terreno si fa meno melmoso e la strada torna ad essere decisamente più larga. Qui forse ci sarebbe lo spazio per girare il mezzo, ma il pilota ritiene di potercela fare, allaccia la cintura, parte e dopo pochi metri l’anteriore del Land Rover scivola lateralmente verso il fosso nonostante le ruote siano tutte sterzate verso monte. Blocca tutto. Tenta una retromarcia, ma la macchina scivola ancora più giù e le ruote ormai stracolme di fango si fermano a pochi centimetri dal baratro. Corro alla vettura e come prima cosa ad entrambi viene spontaneo pensare di assicurare la vettura legandole il posteriore ad un albero robusto (la corda ce l’abbiamo). Poi al pilota viene in mente di poter riuscire a raddrizzare l’anteriore del mezzo grazie alla collaborazione di verricello ed un’altra bella pianta. Ci riesce. A questo punto con l’auto rimessa in carreggiata ed assicurata sul davanti si potrebbe riuscire a superare quei pochi metri che ci separano dalla “salvezza”. Dobbiamo solo liberare l’ancoraggio posteriore. Il cavo per è troppo in tensione e non c’è modo di scioglierlo senza fare retromarcia di almeno qualche centimetro. Il motore sale di giri, ma i pneumatici si sono trasformati in gomme lisce come quelle da pista. Quegli artigli alla cui vista si sarebbe potuto pensare essere un’esagerazione erano diventati del tutto innocui. Inesistenti a tal punto che non riescono a spostare nemmeno di un centimetro la potente massa che si portano sulle spalle.

Niente da fare. Non ci resta che chiedere aiuto. Torno quindi a casa ripercorrendo a piedi sotto la pioggia tutta la strada per andare a prendere il trattore abbinato ad un forzuto verricello forestale.

Tornato nel bosco anche le manovre di recupero sono state più impegnative del previsto soprattutto perché per mantenere il trattore in sicurezza abbiamo dovuto lavorare a distanza agganciando il 4x4 sfruttando 50/60 metri di cavo. In considerazione della notevole distanza che ci separava, del rumore di entrambi i mezzi e del fatto che non ci potevamo nemmeno vedere perché separati da una curva della strada, per coordinare le operazioni con il pilota abbiamo preventivamente concordato una serie di segnali dati da colpi di clacson.

Siamo tornati a casa un po’ amareggiati per non essere riusciti a completare il giro che avevamo programmato ma comunque contenti di non solo di non aver subito alcun danno, ma arricchiti dell’esperienza che reciprocamente avevamo potuto maturare in quelle condizioni piuttosto avverse.

I colleghi più rigorosi potrebbero tacciarmi di eresia nell’abbinare metaforicamente questa piccola avventura a come personalmente interpreto il ruolo che sindaci e revisori devono ricoprire nell’affiancare gli amministratori nella conduzione delle loro imprese anche ed a maggior ragione alla luce delle nuove disposizioni in materia di prevenzione della crisi d’impresa.

L'organo di controllo non è né un navigatore, né un copilota. Non deve in alcun modo cadere nella tentazione di stringere il volante, ma ha il dovere di conoscere l’impresa e l’ambiente in cui questa si muove per segnalare per tempo se si sta andando esageratamente fuori strada.

Per fare questo ci vuole tempo, bisogna frequentare l’impresa, incontrare e conoscere gli amministratori che la dirigono e le persone che la compongono. Confrontarsi con loro anche in momenti meno formali come un viaggio in auto, una pausa caffè, un pranzo ed ogni tanto potrebbe essere necessario anche scendere in campo e sporcarsi un po’ le mani insieme a loro per provare anche solo a farsi un’idea un po’ più concreta di cosa significhi fare il loro mestiere e quali rischi specifici si possano correre. Per quanto potranno essere raffinati gli indicatori di allerta che verranno definiti sono convinto che rimarrà sempre una considerevole dose di discrezionalità data proprio dalla conoscenza e dalla stima reciproca di amministratori e sindaci, dalla sensibilità e dalle esperienze che ciascuno avrà potuto maturare in passato.

Dopo la pioggia è tornato il sole e l’amico appassionato di fuoristrada non vede l’ora di ripartire per una nuova avventura!

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