DALLA PARATA DI MARY POPPINS A QUELLA DEI CLOCHARD

Il lungo fine settimana estivo trascorso a Parigi è stato di grande esperienza per Maya e rimarrà senz’altro nella sua (e nostra) memoria.

In appena 3 notti e 4 giorni scarsi ha potuto percepire e toccare con mano le contraddizioni che caratterizzano questo mondo, la complessità che regna nelle nostre società e la varietà di persone che le popolano e che rendono ogni giorno affascinante e spaventoso al tempo stesso.

L’ARRIVO IN CITTA’

Non so se sia accentuato dal fatto che il prossimo anno la città ospiterà le Olimpiadi, ma quella che ci ha accolto nel fine settimana appena dopo il Ferragosto è stata una Parigi particolarmente affollata, e non certo di soli turisti, laboriosa e soprattutto che pare non dorma mai.

Siamo andati in auto viaggiando di venerdì. Dopo il pranzo in un autogrill che pareva un parco giardino, quando ormai mancavano solo più un paio di centinaia di chilometri all’arrivo, il navigatore ha incominciato a segnalarci una sfilza di rallentamenti per il traffico e nonostante i diversi tentativi di ricalcolo del percorso la stima del tempo di arrivo a destinazione aumentava invece che diminuire sebbene continuassimo ancora a viaggiare a una discreta andatura…alle porte della città aumentano le corsie, le uscite e le quantità di strade che si intersecano ed incrociano e il traffico cresce esponenzialmente: pochissimi bus, pochi autotreni, tanti furgoni e tantissime auto in massima parte con una sola passeggero a bordo il che ci fa pensare che quelle erano tutte persone del posto che essendo venerdì pomeriggio, probabilmente stavano tornando dal lavoro sebbene mancasse ancora un po’ alla nostra consueta ora di punta da tangenziale italiana compresa tra le 17,30 e le 18…

Abbiamo trovato una casetta su airbnb tipicamente parigina non proprio centralissima, ma a ridosso della fermata Laumiere della Metro che in pochi minuti ci avrebbe portati alla Cattedrale di Notre Dame. Scarichiamo le valige proprio sotto casa sfruttando temporaneamente lo spazio riservato ad un grosso negozio di frutta e verdura verso i cui gestori, di origine nordafricana, rivolgiamo un mezzo inchino a mani giunte in perfetto stile giapponese che ricambiano con un micro cenno della testa. Il palazzo è di inizio ‘900, cresciuto per 4 piani su un angolo acuto all’incrocio di 3 vie. L’ingresso è stretto e la scala che porta al terzo piano dove dovremmo trovare una chiave nascosta in una nicchia della parete è ancora più angusta. E’ in legno, scricchiola ad ogni scalino, si inerpica ruotando in una sorta di continua spirale parabolica, allargandosi e spianandosi solo in occasione dei pianerottoli di ingresso che accolgono tre porticine che si susseguono disegnando anch’esse in una sorta di semicerchio.

Entrando in casa ci sentiamo subito a nostro agio. E’ un ambiente luminoso, caldo ed accogliente che mescola con gusto arredi e luci di design con mobili di Ikea, libri e piante in un mix piuttosto confusionario che sembra appartenerci da sempre. Rimaniamo solo un po’ disorientati dal fatto che anche i pavimenti, al pari delle rampe di scale, continuano a scricchiolare e seguono le diverse pendenze dei solai in legno sicuramente originari. Superato il mal di mare iniziale, presto prendiamo confidenza anche con quell’originale movimento!

EURODISNEY

L’aspettativa di entrare in un mondo tanto fiabesco quanto irreale è stata pienamente rispettata!

Fontane ed aiuole fiorite ci introducono in un castello principesco dipinto di rosa ed altri colori pastello attraversato il quale entriamo in una tipica città americana di fine ‘800, inizio ‘900. Le forme morbide e arrotondate ricordano quelle di Paperopoli e Topolinia e di tutto il mondo Disney che proprio quest’anno compie 100 anni. Passando sotto un arco di roccia si entra nel mondo delle avventure che sconfina in quello delle frontiere tanto di ieri come di oggi: ci sono i pirati, Indiana Jones, grotte, montagne (russe), canyon, ponti sospesi, case sugli alberi, laghi e cascate...sembra tutto vero ma se tocchi una roccia ti accorgi che è vuota, se ti avvicini ad una pianta ti accorgi che è finta, l’acqua è quella di una piscina e in questo mondo le cascate invece che produrre energia elettrica ne consumano per il tramite di potenti pompe di ricircolo…A Fantasyland invece avviene il contrario: la fantasia prende forma e diventa realtà. Musiche, colori, personaggi e ambienti ti immergono in un vero e proprio mondo magico che anche i grandi possono solo aver immaginato. Chiunque rimane a bocca aperta nello scoprire, cullati dal dolce dondolio della barchetta che ti trasporta, la varietà di popolazioni, costumi e tradizioni che caratterizzano il nostro pianeta (quello vero!) e in un attimo hai dimenticato la lunga, ma scorrevolissima coda che ha appena fatto.

Abbiamo esplorato un po’ meno puntualmente Discoveryland, avendo avuto paura di decollare per un vero e proprio viaggio integalattico. Ci siamo limitati a tirare la cloche di un areoplanino che girava in tondo, ma quella semplice ed unica libertà di farlo salire o scendere a tuo piacimento riusciva a regalarti delle emozioni così forti che Maya non è riuscita a tenere gli occhi aperti ed rimasta paralizzata per tutti i circa 120 secondi di “volo”. Ha apprezzato molto di più poter premere l’acceleratore e girare il volante delle macchinine di Autopia. Si è sentita grande nel poter guidare per davvero anche se lungo una strada in cui è impossibile andare a sbattere se non tamponando la spider che ti precede ma non lo abbiamo fatto perché è vietato e qui le regole si rispettano anche se non danno multe!

Siamo usciti al tramonto con le vesciche ai piedi: Micky Mouse ci guardava dall’alto con le braccia aperte e le sue manone con i guanti bianchi più larghe delle sue orecchie e noi guardavamo la mongolfiera dietro di lui che simbolicamente ci avrebbe portato dolcemente a sorvolare sulla nostra realtà di tutti i giorni…

REGGIA E GIARDINI DI VERSAILLES

Dopo aver recuperato le energie in un letto vero domenica siamo andati a scoprire quello che per molti aspetti potremmo considerare un parco antesignano di quelli Disney. La sfarzosità e la maestosità delle architetture, degli spazi e dei suoi giardini rendono Versailles uno dei luoghi simbolo del desiderio di voler stupire e portare il visitatore lontano dalla realtà. E’ una bellezza pensata e costruita per sedurre, inebriare e rapire…

Abbiamo affrontato tanta bellezza con metodo: andando in crescendo per abituare l’occhio poco per volta e cercare di non rimanere mai delusi da “sua maestà”…

E invece, nonostante la strategia e le precauzioni, noi abbiamo apprezzato molto di più i palazzi e i giardini secondari del Grand e del Petit Trianon per non parlare del “segreto” Jardin du Parfumeur che merita una storia a sé.

Di questo mondo meraviglioso Maya ricorderà senz'altro la passeggiata lungo le Grand Canal a bordo di una petit bateau a remi. Per proteggerci dal sole alto del primo pomeriggio abbiamo portato con noi un grosso ombrello rosso: pensato per la pioggia, ma perfettamente adatto alla diversa funzione, ha contribuito a ricreare ancor meglio l’atmosfera di fine ‘600 dei tempi di Re Luigi XIV. 

Maya si è presto stufata di essere trasportata e di fare la "petit mademoiselle" e mi ha strappato i remi di mano per darsi lei alla “voga”. Che risate e che emozioni, specie per un ex canottiere come suo papà.

PARIS E LE METRO’

Ed infine Parigi: esplorata un po’ a caso al mattino presto, durante il giorno e di sera, a piedi, in auto e con i treni del metrò. Anche la città è maestosa e affascinante ma diversamente da quanto descritto finora sono stati i suoi abitanti, i suoi lavoratori, le sue persone a lasciarci a bocca aperta.

Ci ha stupito l’enorme numero di "spazzini" che circola per le strade: in coppia come i carabinieri o con i mezzi, a tutte le ore del giorno e della notte. Abbiamo capito che la città sporca e genera tonnellate di immondizia per quanto rispettosi del bene comune possano essere i suoi cittadini e che per avere strade, piazze e giardini puliti e ordinati c’è un sacco di lavoro da fare ogni giorno…

L’altra cosa che ci ha colpito sono state le sirene della polizia: oltre che per le il suono bitonale, nuovamente per il numero e la frequenza. E’ stato un altro segnale che non tutti si comportano bene o che nelle strade diverse da quelle di Autopia e dei viali di Versailles gli incidenti possono succedere, i problemi da dover gestire sono continui.

Infine Maya è rimasta seriamente colpita dalla grandissima quantità di senzatetto che ciondola lentamente per le strade e bivacca a suoi margini o nelle stazioni della metropolitana. Le statistiche dicono che in Francia ve ne siano mediamente circa 3 volte di più che in Italia in rapporto al numero di abitanti e sicuramente a Parigi la concentrazione sarà ancora più elevata. Persone che chiedono qualche soldo, che dormono, che urlano parole incomprensibili o che ripetono incessantemente lo stesso ritornello che inizia e termina con “Se vou plait!” (Per favore!).

Maya vorrebbe aiutare tutti, dare una moneta a ciascuno, ma sono troppi…

Ci chiede perché non hanno una casa, un lavoro, una famiglia o semplicemente qualcuno che si prenda cura di loro.

Proviamo a spiegarle che sono persone che sovente sono anche mentalmente malate o comunque molto fragili. Non sappiamo se sia venuta prima la fragilità o la strada, ma è sicuro che, salvo rari casi in cui si è trattato di una scelta di vita, i due fattori si autoalimentano a vicenda. La collettività cerca di aiutarli offrendo pasti caldi, asili notturni, docce e servizi igienici e assistenza medica nei casi più gravi (ci è capitato di vedere un intervento di rianimazione in una stazione della metro), ma difficilmente si riesce a ridar loro dignità e a toglierli dalle strade.

Maya si è sforzata a lungo di pensare e suggerirci qualche lavoretto che potessero fare quelle persone. Nella sua ingenuità proponeva più che dei veri propri lavori, semplici gesti che potessero essere utili a qualcuno o qualcosa e che potessero giustificare il riconoscimento di una piccola ricompensa che non fosse semplice elemosina.

Aveva intuito che il lavoro e l’impegno non portano solo guadagno, ma contribuiscono a dare dignità, a aumentare l'autostima e magari anche ad offrire qualche ulteriore senso alla propria vita.

Remare è bello anche se faticoso. Rinforza i muscoli ed inspessisce la pelle delle mani che, salvo che sua Maestà, può tornare utile.

Ha infine capito che tirare la cloche o girare il volante ha delle conseguenze.

La libertà, anche piccola, di poter scegliere comporta sempre una responsabilità.

I commenti sono chiusi