L’infortunio subito in allenamento non solo ha costretto Maya a stare forzatamente a riposo per tutta l’estate, ma ha anche condizionato il suo modo di intendere lo sport.
LA GINNASTICA
Quattro anni di ginnastica artistica di cui l’ultimo a livello agonistico sono serviti a far capire a Maya che per ottenere qualche risultato è necessario un sacco di impegno, lavoro, sacrificio e tanta pazienza. Per eseguire con naturalezza alcuni banali esercizi a corpo libero, in equilibrio su una trave larga pochi centimetri, appesi alle parallele o in aria dopo essere saltati su un trampolino ci sono voluti anni di lavoro. Anni per riuscire a prendere confidenza con il proprio corpo, per saper coordinare i suoi movimenti, per sviluppare al tempo stesso potenza ed elasticità dei propri muscoli.
Nell’ultimo anno si è allenata regolarmente come minimo 4 ore al giorno per 4 giorni a settimana.
LO STOP
Con la fine della scuola l’allenamento è stato ulteriormente intensificato e dopo appena una settimana il suo corpicino ha detto basta. Una semplice spaccata ha contestualmente provocato l’equivalente di una frattura ossea e un piccolo strappo muscolare con la conseguenza che per un mese ha fatto fatica a camminare e per i successivi due sentiva male ogni volta che alzava una gamba per fare uno scalino.
In questi mesi estivi Maya ha continuato a cercare e chiedere delle sue compagne di squadra, del loro allenatore. Ogni tanto è andata trovarle in palestra, ma vedere loro progredire mentre a lei era vietato fare anche solo un saltello deve essere stato piuttosto frustrante.
LA RIPARTENZA
Nella seconda metà di settembre il medico ha autorizzato la ripresa di una blanda attività sportiva, ma Maya non avrebbe mai accettato di rientrare in palestra in una squadra diversa da quella agonistica. E in quel contesto, diversamente da quanto suggerito dal medico, le sarebbe stato chiesto uno sforzo superiore. Tre mesi di riposo forzato avevano vanificato buona parte del lavoro di anni.
E’ curioso osservare come si possa perdere tanto facilmente e in fretta il “patrimonio” che si è costruito poco per volta in tanti anni di lavoro.
Questo vale per il nostro fisico, nello sport, ma anche nell’ambito della vita professionale e imprenditoriale. Si pensi non solo con riferimento alle competenze ed alla ricchezza, ma per esempio anche alla reputazione ed alla fiducia.
LA PALLAVOLO
Il caso ha voluto che qualche giorno prima dell’ultima visita di controllo avessimo ricevuto notizia di alcuni incontri per provare a giocare a pallavolo.
A Maya è piaciuto e dalla prova siamo passati all’impegno continuativo, seppur decisamente meno intenso della ginnastica: 2 ore per 3 volte alla settimana.
A distanza di poco più di 3 settimane di allenamento ha ricevuto la sua prima convocazione per giocare la partita domenicale del loro campionato in sostituzione di alcune compagne più esperte che non potevano essere presenti. Sarà merito della tradizionale fortuna dei principianti, ma è riuscita anche a fare alcuni punti ed è tornata a casa contenta e carica come raramente la ricordi.
L'allenatore alla fine di un allenamento ha detto a mia moglie che l'esperienza fatta da Maya nel mondo della ginnastica si percepisce in ogni allenamento. Non tanto perchè non patisce minimamente l'intensità fisica quanto per l'attenzione che presta quando l'allenatore insegna: è quadrata in un contesto rotondo!
Sono passate altre due settimane ed oggi ci sarà la seconda partita di campionato: per fortuna non si gioca tutte le domeniche! Maya è nuovamente stata convocata nonostante ci siano anche le titolari. Vedremo come reagirà a stare in panchina, ma per il momento pare aver molto gradito anche solo poter esser parte della squadra.
UN PUNTO ANCHE QUANDO SI PERDE FACENDO DEL PROPRIO MEGLIO
La prima squadra femminile del Chieri gioca il campionato di massima serie.
In squadra ci sono atlete e giocatrici provenienti da mezzo mondo e di altissimo livello. Basti dire che il loro capitano era parte della nazionale italiana che ha vinto le Olimpiadi quest’estate a Parigi.
Il nonno di Maya (che è campione di sport da poltrona!) da alcuni anni segue da vicino la pallavolo femminile come tifoso e abbonato del Chieri. La scorsa domenica non potendo andare allo stadio mi ha prestato la sua tessera proponendomi di accompagnare Maya a vedere la partita.
Ho accettato con piacere ed è stato un bello spettacolo!
La partita che sembrava essere iniziata a senso unico a favor del Chieri si è rivelata molto intensa e combattuta tanto da concludersi solo al quinto set dopo che il Firenze è riuscito a recuperare i secondi due.
Ho scoperto che in serie A vengono attribuiti tutti i 3 punti in palio in ogni partita di campionato solo alla squadra che vince in modo netto ed inequivocabile (3-0 oppure 3-1), mentre in caso di vittoria al quinto set viene riconosciuto un punto anche alla squadra che ha perso. Nel campionato che gioca Maya viene riconosciuto addirittura un punto per ogni set vinto.
Mi è sembrato un modo molto equo di premiare il merito, che potrebbe contribuire a stimolare ulteriormente l’impegno e favorire lo spettacolo anche quando le differenze delle due squadre in campo sono piuttosto marcate.
IL MERITO DEVE ESSERE RICONOSCIBILE OLTRE CHE RICONOSCIUTO
Nella ginnastica artistica il sistema di attribuzione dei punteggi è estremamente articolato.
Il giudice valuta l’atleta in ragione dei diversi punteggi oggettivamente riconosciuti alla difficoltà tecnica dei singoli esercizi, ma tenendo conto della qualità e dei tempi di esecuzione. Astrattamente sembrerebbe il modo più equo e corretto possibile per valutare il merito, ma all'atto pratico il giudizio non sempre è compreso. Sebbene anche le penalità con cui deprezzare il punteggio del singolo esercizio siano piuttosto ben codificate, nel giudizio complessivo rimane una discreta componente di soggettività che dagli spalti o dal divano, se non si è grandi esperti di ginnastica, si farà fatica a capire ed eventualmente a fischiare.
Nella pallavolo invece anche l’occhio del pubblico sebbene privo di potere influisce come quello di una sorta di terzo arbitro popolare e diffuso. Questo perché il sistema di attribuzione dei punti è semplice e banale: si fa punto quando si riesce far toccare la palla a terra nel rettangolo di campo avversario a prescindere dai tempi e dalla qualità di gioco. Ci possono essere alcuni casi dubbi in cui può risultare difficile stabilire chi abbia toccato per ultimo la palla o se fosse al di qua o al di là della riga, ma in generale il sistema di attribuzione dei punti è semplice ed oggettivo.
Nella ginnastica l’atleta è solo e nell’eseguire la propria sequenza di esercizi gareggia prima di tutto contro se stesso. Se cade dalla trave lo sforzo che deve fare per risalire, ritrovare la concentrazione, ripetere l’esercizio e proseguire la serie pare decisamente più impegnativo di quello che deve fare un giocatore di pallavolo dopo aver mandato in rete un servizio o aver sbagliato una ricezione.
Nella pallavolo, come in generale in tutti gli sport di squadra, la prestazione del singolo atleta seppur importante è raro che possa essere decisiva e determinante sia in positivo che in negativo. Inoltre l’allenatore qualora lo ritenga preferibile ha sempre la possibilità di sostituire temporaneamente singoli giocatori per provare a cercare nuovi equilibri.
Le partite di pallavolo si giocano al meglio dei 5 set da 25 punti ciascuno e se per caso si andasse sul 24 pari si prosegue ad oltranza fino a quando una squadra non vince con 2 punti di scarto su quella avversaria.
Dunque non solo il singolo atleta, ma anche ogni punto, seppur importante, raramente risulta decisivo e determinante. Nella pallavolo è molto più importante imparare a reagire rapidamente per contrastare le azioni della squadra avversaria ed allenarsi per controllare le emozioni per ritrovare la concentrazione in ogni singolo punto a prescindere dal risultato complessivo e da chi ha vinto quello precedente.
IMPARARE A PERDERE
Avevo sentito dire da Roger Federer, colui che è stato uno dei più forti giocatori di tennis di tutti i tempi, che nella sua fortunata carriera avesse vinto solo il 54% dei punti complessivamente giocati. Ha voluto precisare questo ai promettenti giovani studenti di una prestigiosa università americana per insegnare loro a non soffermarsi su ogni colpo, su ogni punto.
Imparare a perdere singoli punti è forse la vera chiave per provare a vincere le diverse partite che la vita ci sottopone.
Maya non ha mai sentito il discorso di Federer, ma di sicuro dopo quello che le è capitato quest’estate ha imparato a soffermarsi un po’ meno sul singolo movimento. Chissà se la pallavolo potrà contribuire ad arrotondare almeno un paio degli spigoli del quadrato che la ginnastica artistica le aveva impresso in questi ultimi anni.