E’ il periodo in cui l’orto è molto generoso: c’è di tutto ed ogni giorno basterebbe aver la voglia ed il tempo di farci un giro per trovare materia prima per pranzetti gourmet a Km Zero o per preparare conserve e sottaceti per l’inverno. E’ un fazzoletto di terreno di pochi metri quadrati in cui io ed il nonno ci affianchiamo nella sua gestione che ci regala sempre delle belle soddisfazioni nonostante tutte le “avversità” (grandine, acquazzoni, lumache, cimici, pidocchi, funghi …). I nonni, beati loro, sono al mare e quindi l’altra mattina è toccato a me fare un giro per la raccolta. Mi sono concentrato sui fagiolini: in 20 minuti di schiena piegata ne ho raccolti un Kg mal contato ed ho risparmiato l’equivalente di circa 3 euro agli attuali prezzi mercato o, guardando il gesto da un altro punto di vista, ho prodotto valore per circa 3 euro. In realtà la semplice raccolta, seppur sicuramente sia una delle componenti più significative, non rappresenta di certo tutte quelle che alimentano la catena del valore della produzione e della commercializzazione del fagiolino. Dovremmo attribuirgli almeno un pizzico del valore intrinseco del terreno, del tempo dedicato a vangare e poi a fresare, ad acquistare i semi che abbiamo dovuto mettere per ben due volte perché al primo giro, in cui abbiamo provato ad utilizzare quelli avanzati l’anno prima, non era nato nulla, l’erpicatura per non far crescere le erbacce, l’acqua per irrigare. Nei 3 euro al kg del supermercato è però anche compresa una componente significativa data dal trasporto e dalla logistica ed ovviamente tutto il valore aggiunto offerto nell’ultima fase di commercializzazione che remunera in ultimo anche la cassiera a cui si paga il prezzo e le banche che ne gestiscono la transazione. Nei fagiolini comprati al supermercato o direttamente dal contadino al mercato una fettina di quei 3 euro finisce nelle casse dello stato sotto forma di IVA (circa 12 centesimi) e sotto forma di IRAP ed imposte sui redditi.
Quindi in realtà in quei 20 minuti nella migliore delle ipotesi avrò prodotto valore a prezzi di mercato per circa 1 euro pari all’equivalente di 3 euro all’ora pari a circa 25/30 a giornata di lavoro standard (8-10 ore) pari a circa 600 euro al mese ovviamente LORDI!
Io sono senz’altro poco allenato e troppo lento nel selezionare e staccare il fagiolino dalla pianta e la sua raccolta oggi, in coltivazioni estensive, è meccanizzata e quindi il mio esempio potrebbe non corrispondere del tutto a verità, ma senz’altro è verosimile e nell’insieme può essere utile per comprendere, senza prenderci in giro, come si deve valutare la ricchezza che si crea.
Mi piacerebbe tanto che queste poche righe arrivassero nell’ordine anche ai lavoratori di seguito descritti.
- Alla funzionaria del Registro Imprese che nella settimana appena trascorsa mi ha fatto la cortesia di mettermi il timbro anche su un terzo libro sociale che avevo portato a vidimare. La regola senza senso che si sono dati per l’emergenza Covid è che non si possano presentare contestualmente i libri di più di due società – per assurdo due società potrebbero portare 10 libri a testa, ma se mi presento con 5 libri di 5 società dovrei fare 3 giri ma, UDITE UDITE, non è possibile prendere tre volte il numero per evitare di ingolfare lo sportello, ma bisogna andare in tre mattinate distinte! Il tutto nonostante non ci fosse nessuno dietro di me in attesa e ci fossero altri 6 funzionari ad attendere che si presentasse qualcuno! La vidimazione di ogni libro costa 25 euro oltre ovviamente a 310 euro di tassa vidimazione libri sociali da pagarsi ogni santo anno (compreso quello del Covid) ed ha richiesto complessivamente alla funzionaria 5 minuti di cui 3 a farmi la predica circa lo stato d’emergenza e della necessità di dover aspettare la sua autorizzazione prima di portare le pagine al suo collega specializzato nell’apposizione del timbro a secco (che ci ha impiegato un altro pario di minuti) nonostante, lo ricordo e lo sottolineo, fossi l’unico utente in uno spazio da circa 200 mq.
- Ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate (del Piemonte) che, per contrastare l’emergenza COVID hanno abolito la possibilità di prendere appuntamenti, invece di ampliarne la funzione, hanno mantenuto un rigoroso orario di sportello mattutino 9-13 invece di istituire anche un’apertura pomeridiana o un servizio ad orario continuato almeno fin verso le 16,30 e soprattutto, UDITE UDITE, fanno attendere gli utenti in strada (che piova o ci siano 40 gradi) sia per prendere il numero, sia per ricevere il servizio. Il risultato di tutto ciò è che una nostra collaboratrice per presentare 3 pratiche (lei non è stata fortunata come il sottoscritto e non ha trovato una funzionaria tanto cortese come quella di cui ho raccontato sopra che le gestisse anche la quarta) ha impiegato ben 3 ore.
- Ai sindacati della scuola del nostro Bel Paese che ritengono che a settembre non potranno esserci le condizioni per lavorare in sicurezza e pertanto si dovrà proseguire con le attività da remoto perché, UDITE UDITE, mancano gli insegnanti, gli spazi e non si sa bene quanti e quali arredi. Qualcuno ricordi loro, oltre alla storia del fagiolino, che in Italia da qualche anno non nascono più bambini e che non è di certo un problema trovare aule e banchi, mentre con riferimento alla presunta carenza di docenti per fare doppi turni di lezione, all’occorrenza, in via del tutto eccezionale stante la condizione di emergenza, si potrebbe anche immaginare che gli insegnanti lavorino in classe per 36 ore a settimana invece che per le tradizionali 18. Non sarà un paragone pertinente, ma chi raccoglie i fagiolini per vivere di ore a settimana ne impiega ben di più, ma stando sotto il sole e con la schiena piegata invece che comodamente seduto in cattedra.
E con questo mi fermo per non diventare eccessivamente prolisso, ma l’elenco potrebbe proseguire a lungo.
Siamo una Repubblica fondata sul lavoro, ma una parte di Italiani sta dimenticando, o forse non l’ha mai ben compreso, cosa significhi lavorare e soprattutto creare valore aggiunto e quindi ricchezza che possa poi eventualmente essere redistribuita.
Un amico questo fine settimana mi è venuto a dare una mano a togliere l’erba dai giovani filari di lavanda del nostro giardino sperimentale d’alta quota di Desertes…dopo 3 ore piuttosto intense esclama entusiasta guardando l’orologio: “Caspita come passa velocemente il tempo quando si lavora!” - “A me capita tutti i giorni” rispondo io e lui un po’ amaramente confessa “A me invece è da un po’ di tempo che non capita più…” e questo ragazzo seppur dipendente ed anche di buon livello vi garantisco che non è l’alterego di Checco Zalone alla ricerca del posto fisso.
Concludo commentando l’immagine (e specificamente il particolare della clessidra in basso a sinistra) che accompagna questo breve articolo, sebbene sempre troppo lungo per essere letto fino in fondo.
Quando si parla di veicoli siamo abituati ad utilizzare i km percorsi come unità di misura di riferimento per misurare quanto hanno fatto nel corso della loro vita. Li consideriamo quindi per esempio nella valorizzazione dell’usato o per capire quando gestire qualche intervento di manutenzione programmata insieme ovviamente ad altri fattori che potremmo definire congeniti o anagrafici come marca, modello, cilindrata, alimentazione, accessori e data di immatricolazione. Il problema del contachilometri è che non ci racconta come sia stata percorsa la strada. Ci sono però alcuni veicoli, tra cui i mezzi agricoli, che vanno più lentamente e potrebbero non percorrere km a sufficienza per offrire dati significativi, ma questo non vuol dire che nella loro vita non producano valore aggiunto o che, dall’altro lato, i loro motori non facciano fatica o non si consumino. Per loro si è quindi pensato di cambiare l’unità di misura dotandoli di un CONTAORE (nella foto si capisce, lo ripeto, per il solo fatto che c’è disegnata una piccola clessidra stilizzata) che si muove ogni qualvolta il motore gira. In realtà il buon Pino mi spiegava che empiricamente aveva verificato che le ore trascorrevano più velocemente se il trattore si muoveva rispetto a quando ne utilizzavamo da fermi esclusivamente la sua forza (per tagliare la legna, pompare acqua, sollevare pesi…) ed analogamente mano a mano che salivano i giri al minuto del motore.
Mi ha sempre affascinato il conta-ore per come me lo aveva raccontato Pino: chissà se riusciremmo ad avere un mondo un po’ più meritocratico se in una delle prossime riforme ne venisse disposta un'installazione generalizzata!