“Papà aspettami! Vai più piano!” mi giro e vedo Maya accovacciata nel prato umido intenta ad osservare una lumaca e le sue reazioni alle sue innocue provocazioni. La raggiungo e le dico: “Dai lasciala stare, andiamo!” e lei “Va bene, ma andiamo più piano che così vediamo più cose!”
La storia che segue trae ispirazione da quella semplice verità ricordataci da Maya che pare contrastare con i ritmi frenetici ed un po’ inumani dei grandi, del lavoro schizzofrenico, della velocità esponenziale del progresso tecnologico per cui a volte facciamo fatica a tenere il passo…
Credo di aver avuto più o meno l’età di Maya quando mi è stato raccontato che il 21 giugno, primo giorno d’estate, è quello in cui, alle nostre latitudini, il sole sorge prima e tramonta più tardi. E’ il giorno più lungo dell’anno, il più luminoso e soprattutto quello in cui potevo scoprire più cose.
Questi elementi mi avevano affascinato a tal punto da renderlo per me un giorno speciale che, negli anni successivi, ho iniziato a monitorare e testare empiricamente cosa significasse per me, semplicemente stando più attento a cosa mi capitasse nel corso della “giornata solare”.
Avendo allenato questo spirito di osservazione per tanti anni oggi, distanza di circa un mese e mezzo dal primo giorno dell’estate 2019 sono in grado di ripercorrerlo con un discreto grado di particolari. Prometto comunque che molti saranno omessi per consentire a tutti di riuscire a leggere anche le conclusioni di questi modesti spunti riflessione.
Quest’anno il 21 giugno è capitato di venerdì ed io mi trovavo per lavoro in quel di Genova già dal giorno prima. E’ iniziato quindi andando a coricarmi dopo una serata allegra e dibattuta serata (sui mille potenziali impieghi della tecnologia blockchain e sulle possibili evoluzioni dei rapporti giuridici fra le parti derivanti dalla diffusione dell’uso degli smart contract) trascorsa con alcuni amici e colleghi di COFIP in una tipica osteria del porto antico. Sono rimaste spalancate tutta la notte le classiche persiane verdi scure e la finestra della stanza del piccolo B&B in cui ho alloggiato. Questa guardava dall’alto un piccolo orto-giardino in cui prosperavano, tra l’altro, un nespolo carico di colore ed un tiglio carico di profumo che ho voluto mi facessero compagnia anche nel sonno della notte. L’entusiasmo di trovarmi in un posto nuovo ed una certa naturale predisposizione tipica dell’allodola mi hanno fatto essere particolarmente sensibile ai primi schiamazzi di gabbiano. Aprendo gli occhi scopro con piacere che è già chiaro e che si preannuncia una bellissima e calda giornata da vivere e sebbene abbia provato a richiudere gli occhi non c’è stato modo di riprender sonno. Infilo quindi un paio di pantaloncini e un paio di sandali tedeschi ed in punta di piedi esco di casa. Desideroso di avventura imbocco senza esitazione il vicolo in salita, visto che la discesa era già stata oggetto di “esplorazione” del giorno prima. Così di “chiappa in chiappa” inizio a salire di buon passo guidato esclusivamente da istinto e curiosità. Un po’ a sorpresa il primo incontro di quella giornata avviene con un giovane parroco particolarmente magro che si arrampicava nella sua tonaca nera che scende fino ai talloni portando sulle spalle un consunto zainetto colorato. Ci scambiamo un rispettoso saluto ed un sorriso decisamente più gioioso. Il secondo incontro è con un ragazzo del sudest asiatico (Bangladesch o Filippine) che armato di scope, secchi e stracci stava facendo le pulizie nell’androne dell’ingresso di un bel condominio con le cuffiette nelle orecchie. Ho poi incontrato infermieri, giornalai, autisti, baristi, anziane donne di casa che stendevano il bucato ai fili delle finestre regalandomi piacevoli scie di aria profumata di pulito. Il profumo che più mi ha colpito quella mattina è stato però quello di torta appena sfornata che in ben tre diversi momenti mi ha stuzzicato olfatto e fantasia. Mano a mano che salivo le case si facevano più rare ed i boschi più fitti, fino a quando percorrendo vecchie mulattiere su quello che rimaneva dell’originaria lastricatura ho raggiunto le vecchie fortificazioni che per tanti secoli hanno custodito dall’alto l’intera città. Di fronte a quei mastodontici monumenti di ingegneria militare e del lavoro di tanti uomini ormai invasi e ricoperti di vegetazione ho avuto concreta dimostrazione del passare del tempo, del modificarsi delle esigenze dell’uomo, delle economie che queste creano e della forza della natura.
Una delle tante applicazioni del mio smartphone mi dice che ho percorso più chilometri di quanti avessi immaginato e che sono salito a quasi 900 metri di quota. Il più semplice orologio mi ricorda invece che devo correre giù per rispettare l’appuntamento della colazione con la coppia di arzilli pensionati gestori del B&B. La via della discesa scorre veloce. Ripercorro i sentieri ed i vicoli della salita di cui scopro ulteriori dettagli osservandoli da un altro punto di vista, è decisamente più fisica e meno “spirituale” ma alle 8 in punto mi presento a tavola docciato e vestito di tutto punto ad assaporare prelibatezze che solo in parte assomigliano a quelle immaginate lungo il mio recente cammino.
Ringraziati i padroni di casa imbocco nuovamente il vicolo ma in discesa. Sebbene sia in compagnia del mio fido monopattino, in considerazione delle frequenti scalinate e della pavimentazione di strade, vicoli e degli stretti marciapiedi genovesi, sovente sono costretto a rallentare ed a caricarmelo in spalla. Arrivo comunque all’appuntamento delle 9 in netto anticipo.
Il confronto con i colleghi di COFIP è come di consueto estremamente stimolante e costruttivo. Parliamo dell’evoluzione dei modelli di conduzione delle imprese e dell’approccio decisamente più orientato al futuro nella gestione delle aziende che imprenditori e professionisti saranno chiamati ad adottare rapidamente stretti dalla “morsa” imposta da un lato dal legislatore e dal novellato codice della crisi d’impresa e dall’altro dall’affinamento dei sistemi di valutazione del merito creditizio adottato già a partire dal 2019 dall’intero sistema bancario in ossequio ai principi del nuovo IFRS9.
Il dibattito interessante, la qualità e la semplicità degli strumenti proposti fanno scorrere veloce il tempo tra le 4 mura della stanza e così a parte una pausa per un originale pranzo sui banconi del nuovo Mercato Orientale (qui trascuro un bel po’ di dettagli!), presto si fanno le sei di sera ed arriva il momento di scambiarsi i saluti e l’augurio di una buona estate. Sono di nuovo in cammino tra i vicoli alla ricerca della stazione di Principe…fa parecchio caldo, c’è un sacco di gente in strada che si trascina in un senso e nell’altro dando l’impressione che per loro il fine settimana sia già iniziato.
Il treno per tornare a casa è un regionale, uno di quelli veloci che dovrebbe fare poche fermate, ma in realtà prima di arrivare ad Asti ne fa ben 5 presentandomi nell’ordine le cittadine di: Ronco Scrivia, Arquata Scrivia, Serravalle Scrivia, Novi Ligure ed infine di Alessandria. Molte di queste non le conosco o meglio ne conosco l’esistenza per sentito dire, più o meno riesco a collocarle sulla cartina ma non ho mai avuto occasione di percorrere a piedi qualche loro strada.
Durante il viaggio oltre a guardare fuori dal finestrino, ho anche modo (complici le tante gallerie) di leggere e rispondere ove necessario alle mail ricevute nel pomeriggio, scorrere velocemente gli appunti dei due giorni genovesi e preparami il lavoro che all’indomani nella giornata di sabato dovrò cercare di recuperare. Riesco anche ad appisolarmi per qualche minuto, ma il treno regionale è veloce per davvero ed in meno di un’ora e mezza ha percorso i circa 130 chilometri e mi scarica ad Asti con una puntualità impeccabile.
Nonostante il cielo sia piuttosto cupo e minaccioso, non pago delle mie due intense giornate genovesi, indosso sopra l’abito un leggero k-way, allaccio il casco e mi dirigo verso casa con il fido motorino che per fortuna nessuno si è portato via. Oltre al cielo anche l’aria per odore, intensità e temperatura non promette niente di buono, ma non piove ancora ed alla rotonda decisiva imbocco la strada più lunga, con più curve, più salite e più discese, ma decisamente meno trafficata e più panoramica convinto di potermi godere il viaggio tra le colline ed evitare il temporale vedendo maggior luminosità nella direzione in cui devo andare.
In realtà più che di una convinzione si trattava di una banale illusione e dopo pochi chilometri iniziano a colpirmi dei goccioloni enormi, ma per fortuna relativamente radi. Ad un certo punto incontro un distributore di benzina e visto che l’intensità della pioggia e delle raffiche era aumentata decido di sfruttare l’opportunità per ripararmi sotto la sua tettoia in attesa che il temporale passi in fretta. Colgo l’occasione per chiamare a casa, informare ed informarmi delle condizioni meteo del momento. Scopro che a Torino e nei dintorni nel tardo pomeriggio il cielo aveva scaricato acqua e grandine con una veemenza impressionante e che sebbene si fosse ora in parte placato continuava a piovere. Consulto anche Google Map per vedere se, rispetto alla posizione in cui mi trovavo in quel momento, ci fossero strade alternative per tornare a casa più velocemente. Niente da fare: ho superato il punto di “non ritorno”. Anche se tornassi indietro alla rotonda all’uscita di Asti ci impiegherei lo stesso tempo se non di più. Mancando circa 45 minuti di strada per arrivare a casa e non volendo viaggiare con il buio, sistemo meglio la copertina anti pioggia e decido di ripartire. Dopo una manciata di chilometri, attraversando un paesino, trovo un fantastico ingresso di una cascina coperto e perfettamente asciutto; mi fermo nuovamente. “Presto smetterà…” penso osservando gli zampilli che sollevano i goccioloni sbattendo sull’asfalto illuminato dai fari delle auto che passano…ma il tempo sembra non passare mai ed i goccioloni continuano a cadere. Nonostante sia il primo giorno d’estate inizio a sentire freddo, sono stanco ed inizio ad annoiarmi. Credo di aver aspettato sotto quel portone di cascina almeno 20 minuti, ma nulla era cambiato se non il mio stato d’animo: riparto determinato a non fermarmi più.
E così è stato: ho attraversato qualche ulteriore paesino, morbide colline coltivate, boschi, annusato l’umido che emanavano e preso un sacco di freddo.
Quando finalmente sono arrivato nei pressi di casa ha smesso di piovere, ma la luce del giorno stava per terminare. Avevo visto tanti campi di grano ormai maturi coricati dall’acqua e dal vento: mi fermo a fotografarne uno a ricordo della fine di quella giornata.
Quando entro in casa manca poco alle 10 di sera. Prima di mangiare un boccone di cena e raccontare alla mia mogliettina le tante piccole avventure del mio giorno più lungo devo riprendere calore stando 20 minuti sotto l’acqua bollente della doccia.
CONCLUSIONI
Scrivendo questo articolo ho realizzato ancor meglio quanto per me, al pari di Maya con i suoi 5 anni, il camminare sia sinonimo di scoperta e quindi conoscenza.
Camminando non solo hai l’opportunità di tastare direttamente il terreno, ma hai anche la possibilità di stare a stretto contatto con tutto ciò che ti circonda garantendoti una quantità di informazioni, sensazioni, esperienze, emozioni enormemente più elevata rispetto ad andare su ruota.
Più ti allontani da terra, più vai veloce (monopattino, bici, motorino) e più costruisci barriere e protezioni attorno a te (auto, bus, treno) più si riducono le nostre opportunità di scoprire cose nuove durante il viaggio, di vivere e condividere nuove avventure.
Inoltre più aumenti la velocità più si ha l’impressione che il tempo scorra veloce e lo spazio si riduca. E’ come se noi avessimo la percezione del tempo e dello spazio in funzione di quante micro esperienze riusciamo non solo vivere, ma anche ad assimilare (del viaggio in treno più di tanto non ricordavo, mentre del poco tempo trascorso sotto l’ingresso della cascina che è sembrato non passare mai avrei potuto scrivere pagine di particolari).
Per conoscere (e conoscersi) bisogna prendersi tempo, qualche rischio e faticare un pochino e questo pare essere in contrasto con L’EPOCA DEL TUTTO, SUBITO E POSSIBILMENTE GRATIS…
Ma non è detto che i contrasti non possano convivere, anzi spesso si attraggono: sta a noi trovare per il punto di equilibrio per sprigionare un sacco di energia senza che la grandine faccia coricare il grano e rovini l’intero raccolto.