“NON - CI - POSSO – CREDERE - . ” ho ripetuto più volte dentro di me quando, qualche giorno fa, ho letto la risposta all’interpello n. 40 del 12/2/2019 che l’Agenzia ha dato ad un signore nato e vissuto in Inghilterra indicativamente per i primi 20 anni della sua vita e poi trasferitosi in Italia alla fine degli anni’ ’60 del secolo scorso e tuttora residente nel nostro Bel Paese.
Ora vi racconto la storia e con un po’ di pazienza capirete le ragioni del mio stupore.
Il giovane inglese si è sempre dato molto da fare e così durante i suoi studi nel Regno Unito ha fatto diversi lavoretti dai quali all’epoca non solo aveva conseguito qualche soldino per gravare un po’ meno sui suoi genitori, ma aveva anche iniziato, tramite i suoi datori di lavoro, ad accantonare nelle casse del sistema previdenziale di Sua Maestà una parte di quanto guadagnato per gli anni in cui sarebbe diventato anziano e stanco di continuare ad impegnarsi tanto. Ad un certo punto della sua giovinezza il ragazzo inglese arriva in Italia e qui ci rimane, stregato dalla luce, dalla pizza, dal sorriso di quella che diventerà sua moglie e di tutto quello che volete voi. Mette su famiglia e per tanti anni lavora duro e con soddisfazione da dipendente, ma rimanendo in qualche modo ancora legato alla sua Inghilterra. Decide infatti in modo molto lungimirante di continuare volontariamente ad alimentare la gestione previdenziale avviata con i suoi primi lavoretti in modo che un giorno possa ricevere una ulteriore rendita sotto forma di pensione. Così dopo aver accantonato per tanti anni nelle Casse di Sua Maestà una parte dei propri redditi conseguiti e tassati in Italia arriva il giorno in cui l’Inghilterra inizia a restituirgli i risparmi frazionandoli mese per mese.
L’inglese divenuto più italiano degli italiani si rivolge formalmente all’Agenzia delle Entrate per sapere se può considerare dal punto di vista sostanziale le somme che gli vengono liquidate al pari di quelle riconosciute da un fondo di previdenza integrativa. Chiede questo perché nel nostro Paese le rendite riconosciute dai fondi di previdenza integrativa sono tassate ai fini IRPEF esclusivamente in proporzione a quanto i versamenti che nel tempo hanno alimentato il tesoretto sono stati dedotti dal redditi imponibili dei singoli anni. Visto che lui non ha mai dedotto nulla dai redditi italiani di quanto accantonato volontariamente propone all’Agenzia delle Entrate di tassare solo quella parte di pensione alimentata in gioventù con il lavoro dipendente prestato in Inghilterra.
L’Agenzia delle Entrate con un’articolata interpretazione del nostro impianto normativo gli dice che quella riconosciuta dal sistema previdenziale inglese è una normalissima pensione e come tale concorre a formare il reddito complessivo dell’inglese residente in Italia da ormai oltre 50 anni.
Non entro nel merito di quell’interpretazione, ma mi limito ad osservare che, anche qualora fosse astrattamente ineccepibile dal punto di vista formale, dal punto di vista sostanziale è totalmente priva di buon senso ed il relativo prelievo fiscale rappresenterà in massima parte una seconda tassazione di redditi a suo tempo già interamente tassati. Questo significa che il tesoretto che lui era convinto di aver risparmiato negli anni gli verrà automaticamente decurtato con un prelievo di almeno un 25%.
La stessa Agenzia delle Entrate, nel medesimo giorno 12 febbraio 2019 pubblicava la Risoluzione n. 35 con cui spiegava ad un altro neo pensionato italiano, recentemente trasferitosi in Portogallo, che lo Stato che gli eroga la pensione e che ha contribuito a vario titolo a fargliela maturare nulla avrà più a che pretendere.
Ma il vero paradosso che mi ha lasciato a bocca aperta è che il pensionato inglese protagonista di questa storia, colpevole esclusivamente dell’essere stato stregato genuinamente ed in tempi non sospetti dal nostro BEL PAESE, potrebbe presto incontrare come vicino di ombrellone qualche suo ex compagno di studi inglese che avrà deciso di trascorrere qualche anno della sua vecchiaia nel nostro magnifico Sud Italia beneficiando della flat tax al 7% che anche lui contribuirà a finanziare.
Ho riproposto l’immagine dei BRUTTI e BUONI nella speranza di aver dato un filo di voce a quel pesciolino colpevole esclusivamente di essere caduto nella rete dell’assenza di buon senso di un Legislatore a cui, nonostante tutto, ogni giorno mi sforzo di rinnovargli la mia fiducia.