LIBERI DI POTER SCEGLIERE !(?)

Era da alcuni anni che non mi divertivo così tanto…

Come spesso capita i momenti più belli sono attimi che ti si presentano all'improvviso che sta a noi saper intercettare e cogliere, ma mai avrei immaginato che a regalarmi questa gioia e ritrovata leggerezza potesse essere qualcosa come la SILENT DISCO.

Traggo spunto da alcuni aspetti di quanto vissuto durante questa inaspettata serata milanese perché ritengo che i comportamenti tenuti in prima persona ed osservati sugli altri possono essere utili per riflettere su alcuni temi che influenzano le nostre scelte di tutti i giorni come consumatori, investitori o semplici cittadini di una comunità più o meno grande. Un commercialista non si occupa solo di fiscalità, ma più in generale di economie (d'impresa, professione ma anche no profit, famigliari, passionali...) che nascono, a volte si sviluppano in ambienti che mutano nel tempo ed ogni tanto vengono anche meno. E l’economia non è una scienza esatta (deterministica sarebbe il termine corretto), ma come ci insegnano gli ultimi premi Nobel di tale disciplina Richard Thaler (2017) e Daniel Khaneman (2002) è più una scienza sociale, condizionata dalla psicologia delle persone, dalla libertà delle loro scelte e dalla possibilità che riescano a compiere azioni straordinarie ed imprevedibili, tanto da rendere complicatissima la previsione di ciò che potrà succedere al singolo individuo ed ancor di più a livello aggregato immettendo nel sistema nuovi stimoli.

Ma torniamo alla silent disco.

Per chi, come il sottoscritto fino a pochi giorni fa, non avesse la più pallida idea di cosa sia niente paura. Si tratta di una sorta discoteca che può venire attrezzata più o meno ovunque, preferibilmente all’aperto, in cui la musica invece di essere diffusa ad alto volume con le casse tradizionali, viene trasferita individualmente tramite delle cuffie wifi. Altre caratteristiche sono che i DJ alla console sono più di uno, che ciascuno suona un genere di musica diverso, che i ballerini possono decidere continuamente cosa ed a quale volume ascoltare muovendo semplicemente una levetta ed infine che le cuffie si illuminano del colore di quello che stai seguendo.

Pronti: via!

Siamo in zona Tortona, a Milano: la location è un angolo dei cortili interni di un ex stabilimento industriale dell’Ansaldo, da qualche anno convertito, con il contributo della Fondazione Cariplo, in BASE. Vorrebbe essere (e lo è) un luogo nuovo, di contaminazione e scambio culturale, a cui appoggiarsi e da cui partire o ripartire per creare o divulgare fresche iniziative non solo artistiche, ma anche artigianali e produttive. Quell’angolo di uno spazio enorme ed originariamente severo ed austero è stato delimitato da qualche grande vaso che introduce un tocco di verde in mezzo a tanto cemento, allestito un piccolo stage e un bar, cosparso di sedie e tavolini ed un certo numero di coloratissime sdraio da spiaggia…parecchia gente è senza cuffie e “si limita” a bere qualcosa, chiaccherando con gli amici e godendosi il venerdì sera di una delle prime serate calde dell’anno. Non è obbligatorio avere le cuffie, ma anche coloro che ne sono sprovvisti sono coinvolti ed osservano incuriositi e divertiti coloro che attorno a sé saltano, si agitano goffamente, ballano in modo apparentemente folle o cantano in modo stonato circondati da un generale sostanziale silenzio.

Per chi ha le cuffie invece basta un gesto per scegliere la melodia, le parole ed il ritmo che più ti ispirano in quel momento. La scelta è abbastanza istintiva e così ti ritrovi ad essere di un colore piuttosto che di un altro senza esserne consapevole (a meno che non ti tolga le cuffie per guardare!). Il colore dipende dai gusti personali, dallo stato d’animo e dai pensieri che ti attraversano in quel momento, da quanto hai bevuto, da quanta energia hai, da cosa suonano contemporaneamente gli altri DJ e, per quanto si possa essere convinti e sicuri di sé, in parte la scelta viene anche condizionata dai comportamenti della gente che ti circonda.

Parte del divertimento viene proprio dall’osservazione degli altri che ti porta a cercare di intuire dai loro movimenti e dalle loro espressioni se ascoltano la tua medesima musica o un’altra. Qualcuno per emulare o giudicare in modo inequivocabile non si fida del proprio istinto e per qualche istante sfila le cuffie per sincronizzarle sul medesimo colore degli amici, di quelli che ballano con più gusto o semplicemente di quelli che sembrano godersela maggiormente. Qualcun altro invece sa essere precursore, ricercatore ed in alcuni casi diventa anche trascinatore invitando a suon di gesti ed entusiasmo i propri amici a seguirlo nella propria scelta di cambiamento rispetto a quanto ascoltato fino a qualche istante prima…generalmente gli amici si fidano di cosa gli viene proposto e quindi replicano la scelta per primi, ma poi succede che anche altri perfetti sconosciuti adottino la medesima preferenza, per caso o sull’onda dell’entusiasmo che sprigionano i precursori e così accade qualche rara volta che la “pista” torni ad essere piuttosto uniforme ed armoniosa nei movimenti. Ad esempio con un peppeeepereppeee  nel giro di pochi secondi siamo addirittura riusciti ad unirci formando un trenino che girando tra le sedie a sdraio è riuscito a coinvolgere anche quelli senza cuffie! Analogamente è capitato di ritrovarsi tutti (o quasi) a cantare a squarciagola Loretta Goggi e la sua “maledetta primavera” o a saltare insieme sulle note di “The rhythm of the night” …

In questi casi in cui si creava un concentrato di un unico colore sulle teste anche i DJ rimasti praticamente soli reagivano proponendo un brano più bello dell’altro e la popolazione dei ballerini presto si accorgeva della loro qualità e si ridistribuiva in modo più o meno equilibrato tra i diversi generi musicali.

Per quanto la silent disco possa dare l’idea di esaltare l’individualità, regalando indipendenza, libertà di scelta e di espressione mi ha colpito quanto in realtà questi elementi possano, a loro volta, essere utili per stimolare la socializzazione ed il desiderio di condivisione.

Ad un certo punto le melodie, a prescindere dal colore che scegliessi, hanno iniziato ad essere meno ritmate e più romantiche, in alcuni casi melanconiche, ma il momento in cui tutti abbiamo capito che era arrivata l’ora di andarsi a coricare è quando uno dopo l’altro i colori delle cuffie hanno smesso di illuminarsi e le orecchie di sentire.

Un unico colore, un'unica canzone, la possibilità di scelta si era venuta a ridurre a “resto o me ne vado” ed alla fine il mondo è tornato in bianco e nero e la scelta è stata obbligata.

Il tempo è volato: è stato un bel tempo e mi faceva piacere raccontarlo e condividerlo. La magia è stata di poterlo rivivere, scrivendolo a distanza di qualche giorno, una seconda volta, ma in modo completamente nuovo ed in modo ancora diverso rileggendolo.

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