E’ da qualche giorno che mi “frullava” per la testa l’idea di approfondire il tema dei diversi approcci che si possono avere nell’affrontare lo studio, l’ignoto, il lavoro, l’impegno sociale, una vacanza, la vita in generale…
Tutto è nato da una piccola locomotiva giocattolo disegnata sull’etichetta di una delle tre bottiglie di vino che il 3 giugno ci ha fatto piacere far trovare a casa delle nostre collaboratrici. Bollicine per brindare alla libertà, alla ripartenza, all’apertura dei confini regionali ed internazionali, a quello che preferiscono, ma anche pretesto per ringraziar loro dell’impegno profuso, delle paure che hanno dovuto affrontare e delle difficoltà che hanno dovuto superare nei mesi di lockdown, di lavoro da casa, di figli da accudire, di nonni da confortare ed al tempo stesso stimolare.
Bollicine per ringraziare loro di quanto siano state locomotive.
Dicono che i Commercialisti siano un po’ come i Dottori dell’Economia e in questi mesi abbiamo continuato ad essere in prima linea per ascoltare i problemi di tutti, studiare nuove leggi e nuove misure, comprendere come calarle nella realtà di ciascuno e metterle in pratica. Negli scorsi mesi sono stati sospesi adempimenti, rinviati i termini per i versamenti, per l’approvazione dei bilanci, ma nel contempo è stato necessario provvedere a tante altre questioni (oggi per esempio aprono i canali telematici per l’invio della richiesta di contributo a fondo perduto da parte delle imprese con ricavi minori di 5 Milioni) ed il 30 giugno vediamo concentrarsi la scadenza ordinaria del pagamento delle imposte sui redditi con quella di tutti gli altri adempimenti che erano stati semplicemente rinviati. Sono convinto che prorogheranno il termine per il versamento delle imposte di almeno un mese, ma come sempre ci verrà comunicato a pochi giorni dalla scadenza quando ormai avremo già fatto i salti mortali ed avremo lo stomaco contorto ed in alcuni casi bucato da ansia e stress per fare tutto quanto ci viene richiesto senza che quasi nessuno comprenda la fatica, il tempo e la professionalità che sono stati messi in campo.
Nulla di che.
Facciamo semplicemente il nostro lavoro in silenzio come milioni di altri lavoratori e professionisti. Compiamo quotidianamente il nostro dovere a servizio di un Paese che ogni tanto ci piacerebbe sentir esprimere se non gratitudine almeno un po’ di rispetto.
Ma questo contesto, seppur avvilente e frustrante, di per sé non mi avrebbe fatto scattare alcuna scintilla per scrivere queste poche righe di sfogo perché è talmente consolidato da averci ormai fatto il callo da riuscire a sopportarne il dolore senza più soffrire.
La vista invece di come sono state destinate le mie imposte nella pagina che mi riserva l’Agenzia delle Entrate nel mettere a disposizione di ciascuno di noi, grazie all’immane lavoro svolto gratuitamente da tutti i “sostituti d’imposta”, la bozza della “dichiarazione dei redditi pre-compilata” è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
L’intenzione in linea di principio è meritevole perché vorrebbe renderci più consapevoli dell’importanza dei nostri sacrifici e meglio partecipi alla vita collettiva, ma scoprire che la fetta più grande della torta sia stata destinata a previdenza ed assistenza, mi ha lasciato molto amareggiato.
Vedere che la fiscalità generale, di cui l’IRPEF rappresenta la principale fonte d’entrata, debba supportare l’INPS destinando oltre il 20% del totale delle proprie entrate per alimentare i trasferimenti previdenziali ed assistenziali dei nostri concittadini è molto preoccupante.
Di seguito riporto alcune delle ragioni che alimentano tale mia preoccupazione ed un pizzico di contrarietà.
- Nonostante il nostro sistema previdenziale sia concettualmente ormai da diversi anni di tipo contributivo puro (che significa che ciascun lavoratore che versi i contributi avrà diritto ad una pensione in funzione di quanto effettivamente versato ed opportunamente rivalutato finanziariamente, ma parametrato della speranza di vita media collegata all’età in cui deciderà di smettere di lavorare) i contributi che vengono versati oggi, che sono già elevatissimi (pari a circa il 40% del loro costo aziendale per i lavoratori dipendenti ed a poco meno del 30% del reddito di lavoro prodotto da lavoratori autonomi e piccoli imprenditori) servono di fatto a remunerare le pensioni di coloro che si sono già ritirati dal lavoro. Non si sta dunque alimentando un grande salvadanaio, ma si stanno alimentando rivoli di spesa corrente sebbene la storia che ci viene raccontata sia un po’ diversa.
- La speranza di vita degli italiani è mediamente tra le più elevate al mondo e questo è un gran bene, ma l’età mediana degli italiani è sempre più elevata in ragione di una forte riduzione delle nascite. Per capirci la speranza di vita supera gli 81 anni, ma l’età mediana è di oltre 45,5 che significa che c’è tanta più popolazione avanti con gli anni rispetto a quella in giovane età. Non si fanno più figli non per questioni di reddito, ma per la forte incertezza sul futuro accompagnata da una crescente avversione allo spirito di avventura e di sacrificio che invece necessariamente richiedono ogni nuova vita che ti porti in casa (da intendersi anche come Nazione).
- Le persone più anziane sono quelle che negli ultimi anni hanno risentito meno dei momenti di crisi economica e nell’ambito delle statistiche sulla povertà (principalmente relativa) stanno diminuendo a scapito delle persone in età lavorativa ed ancor di più delle fasce giovanissime.
- Denoto un problema di equità fra generazioni in quanto oggi per assurdo colui che ha smesso di lavorare, in funzione di diritti acquisiti con criteri previdenziali oggi non più validi, spesso consegue redditi superiori rispetto a chi non solo lavora, ma deve anche sostenere le spese per la costruzione della propria famiglia (casa, figli, educazione) e questo lo vedo empiricamente anche nel ristretto ambito delle alcune centinaia di dichiarazioni dei redditi che ho l’opportunità di supervisionare ogni anno. Inoltre le persone anziane (anche se oggi ci sono tanti over 65 che non possono essere considerati tali) sono generalmente quelle a cui pesa maggiormente l’idea di rinunciare a qualcosa non solo perché sentono come dovuto tutto quello di cui oggi godono in funzione di ciò che hanno già dato, ma anche probabilmente perché si sentono già in riserva nonostante abbiano ancora una bella scorta di benzina.
- Infine il fatto che vengano destinate risorse per alimentare le pensioni (la componente assistenziale è relativamente poca cosa, nonostante reddito di cittadinanza ed altre misure straordinarie di sostegno al reddito) comporta necessariamente che si riduca il budget per spese ed investimenti capaci di restituire qualcosa in futuro come in prima battuta l’istruzione, la ricerca e la cultura, ma anche la cura del Territorio, la manutenzione e l’ampliamento delle nostre reti di comunicazione (strade, ferrovie, porti ed aeroporti) e di telecomunicazione e più in generale di tutte le infrastrutture ed i servizi capaci di aumentare la produttività del nostro Paese.
In questi mesi di lockdown abbiamo potuto assistere ad una serie molto ampia di misure straordinarie volte a sostenere il reddito, l’occupazione ed il tessuto produttivo italiano ed oggi, lo ripetiamo, viene dato il via alle istanze per i contributi a fondo perduto, ma la cosa fondamentale di cui ci sarebbe tanto bisogno, ma che tarda a manifestarsi nonostante gli annunci ed i buoni propositi, è la disponibilità di almeno una parte della Pubblica Amministrazione a voler supportare e sostenere meritocraticamente chi genera valore e ricchezza (anche solo evitando di continuare a rimandare decisioni) e da parte delle persone che vanno a rimorchio almeno la cortesia di viaggiare senza il freno tirato.
Probabilmente non possiamo scegliere se nascere locomotive o vagoni da trainare, ma strada facendo possiamo almeno impegnarci per oliare i nostri ingranaggi e contribuire a mantenere in buone condizioni le nostre strade ferrate in modo da cercare di viaggiare insieme facendo un po’ meno fatica e risparmiandoci qualche sobbalzo.