Nell’immaginario collettivo le piante sono generalmente considerate prive di intelligenza, esseri viventi minori rispetto a quelli del regno animale, ed una delle ragioni potrebbe derivare anche dalla loro impossibilità di muoversi dal luogo in cui sono nate. Dopo circa due mesi trascorsi da pseudo-vegetali chiusi in casa inizia oggi la fase2 con cui ci viene concessa nuova libertà di movimento, seppur ancora parecchio limitata, ed una tanto vaga quanto responsabile facoltà di interazione interpersonale.
In realtà le piante nella loro semplicità sanno essere molto più sofisticate, evolute e resilienti di quanto si possa immaginare ed ancora una volta, osservandole da vicino, mi hanno regalato alcuni spunti di riflessione e qualche suggerimento che potrebbe essere utile tanto ai lavoratori quanto agli imprenditori che riprenderanno le loro attività nelle prossime settimane.
Ma andiamo con ordine.
Ho approfittato del lungo fine settimana appena trascorso per sostituire il vaso ad alcune piante che da diverso tempo davano qualche segno di sofferenza ma che ho sempre fatto finta di non notare probabilmente per evitarmi la faticaccia ed il considerevole impiego di tempo, pazienza ed “ingegno” che necessita l’operazione per evitare di rompere il vaso o trucidare l’apparato radicale.
Nel caso di specie l’ingegno ha assunto tratti di grande comicità e si è presto trasformato in un’ardua prova di forza muscolare. Tira, spingi, batti, taglia, scalza, ruota, capotta e chi più ne ha più ne metta. Con un cespuglietto di ellebori cresciuto in un vaso di una quarantina di centimetri di diametro, la cui chioma superava di poco una spanna di altezza ho dovuto chiedere l’aiuto del nonno ingegnere che, dopo aver anche lui toccato con mano la resistenza che sono state capaci di offrire una manciata di radici, ha sfoderato i più evoluti ritrovati della tecnologia. Alla fine abbiamo avuto la meglio impiegando un super seghetto alternatore con cui abbiamo sezionato la zolla.
Nei diversi vasi cambiati nel fine settimana, tutti rigorosamente in coccio, la scelta è sempre stata di passare ad un vaso più profondo e di diametro più largo e nel caso di una pianta di limoni ho addirittura rischiato di passare al pieno campo.
Per quanto ciascun vaso potesse essere diventato stretto e limitante le piante che ospitavano si erano efficacemente adattate occupandolo per il meglio ogni frazione di spazio e, con un regolare apporto di acqua e concime, tutte probabilmente ci stavano decisamente bene. Le piante riescono ad adattare perfettamente il proprio sviluppo in funzione di quello che hanno a disposizione ed agiscono secondo una semplice legge di natura che punta alla sopravvivenza del proprio patrimonio genetico con il minor impiego di energie possibile. A casa di mio papà resiste nel suo vaso originario un albero di Natale che credo abbia ormai una trentina d’anni. Si è trasformato nel tempo in una sorta di abete bonsai, ma è perfettamente vivo e vegeto e tutti gli anni con adorabile pazienza e rigoroso tempismo si rende disponibile ad accogliere la serie di lucine bianche che illuminano l’ingresso di casa!
Con il travaso le piante avranno eccezionali nuove opportunità di crescita e sviluppo, ma nell’immediato il buon giardiniere deve aver ben chiaro che subiscono uno shock non indifferente, dato
- dalla scomposizione parziale della zolla originaria e di parte dell’apparato radicale per mano del giardiniere;
- dal diverso substrato di terriccio e di microorganismi con cui si trovano a che fare;
- dalla diversa esposizione alla luce che gli viene offerta
- e dai nuovi vicini con cui si trovano costrette a mischiare le radici e/o le chiome.
Alla pianta occorrono diversi giorni per esplorare il nuovo mondo in cui si è ritrovata a vivere e per reagire ai nuovi stimoli. Qualsiasi radice, sebbene senza occhi e senza naso riesce ad individuare a distanza la presenza di sostanze nutritive a cui avvicinarsi per assimilarle, elementi velenosi o dannosi da cui scappare o difendersi, il grado di umidità da comunicare alle sue foglie suggerendo loro come comportarsi in funzione della luce che riescono a procacciarsi. Le foglie sono ghiotte di luce, mentre le radici la detestano eppure fanno parte dello stesso organismo e le une hanno bisogno delle altre e viceversa.
A seguito di un travaso la pianta deve compiere degli investimenti e prendersi qualche rischio che in alcuni casi potrebbero addirittura portarla alla morte. Ogni nuovo centimetro di radici assorbe energie che vengono inevitabilmente sottratte a quelle necessarie per accrescere il proprio stelo o infoltire la propria chioma alla ricerca della luce. Ma la ricerca della luce è fondamentale per produrre energia e pertanto, qualora si fosse finiti sotto l’ombrello di qualcuno, bisognerà trovare il giusto compromesso per tentare la “fuga dall’ombra”.
Scelte complicate come quelle che deve fare un imprenditore, un risparmiatore o anche un semplice consumatore. Le piante non hanno la nostra intelligenza e salvo rari casi non hanno nessuno che possa prendersi cura di loro, eppure, generalmente, riescono a trovare il giusto compromesso per sopravvivere e con un po’ di pazienza anche per prosperare pure nei casi inizialmente più complicati.
Diversamente dall’uomo e dalle altre specie animali le piante godono però di un grande vantaggio competitivo: sono infatti costituite di tanti moduli relativamente semplici fra loro divisibili (mentre l’uomo è individuo ed indivisibile) ed in grado di interagire in modo indipendente senza che debba esserci per forza la mediazione di una testa o qualche altro organo vitale capace di metterle in relazione suggerendo il comportamento ad ogni singola parte.
Questo le rende resistenti ai predatori erbivori ed in grado di rigenerarsi agevolmente anche a seguito di profondissime menomazioni. Così come un rametto di geranio spezzato, se viene messo a dimora nel terriccio, è in grado di generare nuove radici, un qualsiasi filo d’erba, anche se brucato fino a farlo sparire, è in grado di ricacciare senza problemi.
Moduli semplici, ma indipendenti e capaci di dialogare e cooperare fra loro in modo diffuso per il benessere reciproco.
E’ un po’ complicato da spiegare e non vorrei essere frainteso nel trarre questa conclusione, ma nella fase2, dovremmo prendere molto spunto dalle piante e farci migliori portatori di una qualche forma di intelligenza collettiva più che pretendere di essere guidati ed assistiti da una forma di intelligenza superiore.