Da quando è terminato il lockdown il Parco di San Vito è stato preso d’assalto!
Se un tempo era prevalentemente luogo ideale per qualche romantica coppietta di innamorati, per bikers spericolati o per camminatori della collina e cani di città ultimamente è stato scoperto ed apprezzato anche da gruppi di persone decisamente più numerosi. Vengono quindi a praticare lo yoga con i loro materassini, a fare ginnastica a corpo libero appendendo elastici agli alberi e sfruttando le panche per fare salti e piegamenti, vengono le scuole di mountain bike per far impratichire i bimbi con il fuoristrada e con alcune discese di tutto rispetto, ma soprattutto vengono le famiglie a trascorrere del bel tempo.
Bene così!
Generalmente i frequentatori del parco sono tutti molto rispettosi e grati del mio lavoro, ma in considerazione del gran numero di “ospiti” mi è capitato di dover chiedere a qualcuno, a seconda dei casi un po’ più supponente o un po’ troppo svampito, di prestare anticipatamente attenzione al fatto che sarei passato loro vicino con il trattore o con il decespugliatore perché terra, qualche pietra ed alcuni pezzi di legno avrebbero potuto schizzare inavvertitamente e raggiungerli. In questi casi non basta il metro di distanza interpersonale che ci ha imposto il Corona Virus.
In questi momenti a macchine ferme in cui mi avvicino alle persone per parlare o durante qualche pausa acqua alla fontanella del Touret capita di far due parole in più dello stretto necessario e quando scoprono che tutto il mio lavoro è quello di un semplice volontario, dopo la prima reazione di riconoscenza non è raro sentirsi chiedere:"PERCHE’ LO FAI?"
Dopo quattro anni è forse giunto il momento di raccontare alcuni dei miei perché.
Innanzi tutto lo faccio perché mi piace e mi fa piacere. Tagliare l’erba mi stanca fisicamente ed al tempo stesso libera la mia testa rilassandomi. Adoro il profumo di fieno ed il disegno delle file parallele che si forma dopo ogni passaggio…
In ordine di tempo il primo perché è stato invece provare a far prendere consapevolezza alla città che un parco del genere (una piccola bomboniera a due passi dalla città) non poteva essere mantenuto esclusivamente dal passaggio trimestrale di un gregge di pecore o di una piccola mandria di vacche come era stato fatto per almeno i 5 anni precedenti.
L’idea di mettere al servizio della collettività un po’ del proprio tempo, le proprie competenze, qualche mezzo e/o un po’ di denaro, o più generalmente l’idea di poter DARE senza ricevere denaro in cambio, è un gesto che non solo ci rende consapevoli della fortuna di cui siamo portatori, ma che può farci sentire parte di qualcosa di un po’ più grande e dare qualche ulteriore significato al nostro breve passaggio.
Fare materialmente, mettersi in gioco in prima persona, sporcarsi, sudare (e in un caso come il mio assumersi delle responsabilità nei confronti della Città) è qualcosa di completamente diverso dal riconoscere una sponsorizzazione per mantenere ordinata un’aiuola o una rotonda stradale, pagare le tasse o elargire una donazione. A prescindere dalla logica sottostante, sia essa commerciale, fiscale o liberale e nobile, il semplice gesto di pagare per chi lo compie è spesso limitante della propria consapevolezza circa il valore aggiunto che si cela dietro quel denaro e delle difficoltà che chi lo riceve deve gestire per realizzare qualsiasi cosa cui è destinato.
FARE alimenta la nostra dignità, induce al rispetto del lavoro e dell’impegno altrui ed affina la capacità di distinguere quello che offre effettivo valore aggiunto.
Un altro perché da non sottovalutare è l’effetto contagio portato dal prendersi cura e dell’esempio. Si dice che “andando con lo zoppo si impara a zoppicare” ed al contrario nel caso di specie aumentando la cura del parco ero convinto di poter progressivamente aumentare il rispetto che i frequentatori avessero di questo e quindi degli altri. E così è stato.
La Città ha trovato i fondi per sostituire le assi marce o venute meno delle panchine, l’Amiat ha cambiato i cestini dell’immondizia fatiscenti ed arrugginiti, i padroni dei cani hanno iniziato a raccogliere le loro tortine nonostante lo spazio sia particolarmente ampio, gli amanti del buon vino o di una birra in compagnia hanno iniziato ad accompagnare i vuoti negli appositi raccoglitori…Sono sicuro che se i frequentatori del parco sapessero quando mi vedono lavorare che non sono un mastro giardiniere, ma semplicemente uno che come loro sta impegnando una giornata intera del suo tempo libero, l’esempio ed il rispetto potrebbero beneficiare di un effetto moltiplicatore ancora superiore. Prima o poi verrà messo anche un semplice cartello o una targhetta all’ingresso del parco…
L’ultimo perché così come il primo ha carattere prettamente egoistico, ma non è nient’altro che una speranza. Mi illudo infatti che l’avvio di iniziative del genere possa contribuire ad aumentare la mia autorevolezza da semplice cittadino, da cultore di sociologia e finanza pubblica ed indirettamente anche da professionista di economie e fiscalità nel momento in cui osservo certi comportamenti o alcune dinamiche sociali e magari denuncio l’introduzione di norme o disposizioni incoerenti o la mancata assunzione di adeguati provvedimenti capaci di avviare circoli virtuosi o interrompere quelli viziosi.
A me piace tagliare l’erba e prendermi cura dei giardini, ma ci sono mille altre cose belle da fare di cui il nostro Paese o le altre persone possono aver bisogno. L'Italia, amata e odiata forse più di qualsiasi altro Paese, può comunque contare su un impressionante esercito di volontari che non aspettano che ci sia qualcun'altro a dir loro come rendersi utili. E' gente che si impegna nonostante il mare di imposte che vengono versate ed a fronte delle quali probabilmente si potrebbe pretendere che fosse qualcun altro a doversi prendere cura di...
C'è quindi un mondo intero a cui domandare "PERCHE' LO FAI?" e la risposta probabilmente sarà sempre sintetizzata nell'immagine di cui sopra:
Ognuno, a modo suo, si arrampica verso il cielo!