Ogni tanto, in modo del tutto occasionale e casuale, acquisto Topolino. Dico di regalarlo a Maya, ma in realtà lo apprezzo più io di quanto lei sia in grado di fare. Le rotondità dei fumetti mi rilassano, il colore mi mette di buon umore e le storie di quei personaggi che non cambiano mai mi fanno tornare per qualche momento bambino regalandomi serenità.
Me ne è capitato tra le mani uno di diversi mesi fa con al suo interno anche alcune figurine tra cui quella riprodotta nella foto che accompagna questa paginetta. L’immagine è collegata ad un ciclo di storie in cui una vecchia gloria del calcio di Paperopoli che, dopo tanti anni dedicati all’avviamento allo sport dei ragazzini, aveva deciso di ritirarsi in pensione e di voler donare il suo impianto sportivo nel cuore della città alla squadra giovanile che avesse vinto il trofeo che aveva appositamente organizzato. Vista la considerevole posta in gioco anche Paperone, Rockerduck e la banda bassotti intendono partecipare al torneo ed organizzano le proprie squadre immaginando, in caso di vittoria, di poter trasformare l’impianto sportivo per gestire importanti operazioni di speculazione edilizia, realizzare grandi centri commerciali o semplicemente fare soldi facili.
Qui, Quo e Qua, intercettando queste intenzioni non propriamente nobili e soprattutto molto poco allineate con i desideri dell’anziana gloria del calcio, coinvolgono lo zio Paperino e l’ancor più “naif cugino” Paperoga nel ruolo di tecnico e presidente della loro squadra con l’obiettivo da giovani marmotte di voler vincere per poter dare seguito alla storica scuola calcio che ovviamente non è solo un luogo dove tirare semplici calci al pallone, ma è anche palestra di vita e momento di sana aggregazione giovanile.
Salvo il caso della banda bassotti a capo di ogni squadra c’è sempre un Presidente. Questi è chiamato a tenerla unita e coesa cercando di esaltare le peculiarità di ogni suo componente, a dare le linee guida ed i valori di fondo da perseguire, le giuste motivazioni perché ciascuno dia il meglio di sé e, cosa molto importante, ad assumersi la piena responsabilità nel caso in cui qualsiasi cosa non dovesse andare per il meglio.
Nella settimana appena trascorsa la nostra nuova squadra di Governo ed il suo Presidente Mario Draghi hanno ottenuto una larghissima fiducia da parte di Senato e Parlamento e, indirettamente, anche, da un’ampia parte degli Italiani nonostante sia evidente a chiunque abbia conservato un minimo di memoria ed un pizzico di oggettività come molti di questi abbiano drasticamente trasformato il proprio pensiero rispetto a quanto avessero propagandato in campagna elettorale, professato e messo in pratica nel corso di questi primi quasi tre anni di mandato elettorale.
Le aspettative sono elevate e desidero fissare nella mia memoria alcune delle testuali parole pronunciate nel discorso al Senato dal neo Presidente Mario Draghi, nella speranza che questo possa essere solo il primo di un cambio di passo (e di rotta) che auspico più o meno da quando ho iniziato a maturare un po’ di coscienza di questo magnifico angolo di mondo in cui sono nato.
Si è discusso molto sulla natura di questo governo. La storia repubblicana ha dispensato una varietà infinita di formule. Nel rispetto che tutti abbiamo per le istituzioni e per il corretto funzionamento di una democrazia rappresentativa, un esecutivo come quello che ho l’onore di presiedere, specialmente in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo, è semplicemente il governo del Paese. Non ha bisogno di alcun aggettivo che lo definisca. Riassume la volontà, la consapevolezza, il senso di responsabilità delle forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti…
La crescita di un’economia di un Paese non scaturisce solo da fattori economici. Dipende dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di speranze. Gli stessi fattori determinano il progresso di un Paese.
Nei momenti più difficili della nostra storia, l’espressione più alta e nobile della politica si è tradotta in scelte coraggiose, in visioni che fino a un attimo prima sembravano impossibili. Perché prima di ogni nostra appartenenza, viene il dovere della cittadinanza.
Conta la qualità delle decisioni, conta il coraggio delle visioni, non contano i giorni. Il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo.
Questa è la nostra missione di italiani: consegnare un Paese migliore e più giusto ai figli e ai nipoti.
…dobbiamo dare risposte concrete e urgenti quando deludiamo i nostri giovani costringendoli ad emigrare da un paese che troppo spesso non sa valutare il merito e non ha ancora realizzato una effettiva parità di genere. Una domanda che non possiamo eludere quando aumentiamo il nostro debito pubblico senza aver speso e investito al meglio risorse che sono sempre scarse. Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti.
Esprimo davanti a voi, che siete i rappresentanti eletti degli italiani, l’auspicio che il desiderio e la necessità di costruire un futuro migliore orientino saggiamente le nostre decisioni. Nella speranza che i giovani italiani che prenderanno il nostro posto, anche qui in questa aula, ci ringrazino per il nostro lavoro e non abbiano di che rimproverarci per il nostro egoismo.
Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione. Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Anzi, nell’appartenenza convinta al destino dell’Europa siamo ancora più italiani, ancora più vicini ai nostri territori di origine o residenza.
Egregio Presidente la ringrazio e le auguro di cuore buon lavoro, perché tanto c’è da fare.
Non le posso raccontare come si conclude la storia dell’impianto sportivo di Paperopoli perché nell’occasionalità e rarità dei miei acquisti di Topolino mi sono perso tutti quelli successivi al primo episodio. Ognuno potrà così immaginare il proprio finale, compreso quello che intende far fare alla squadra della banda bassotti!