PRONTI A RIPARTIRE IN PUNTA DI PIEDI!

Quella notte di Natale di tanti anni fa Gesù Bambino nacque lasciandomi sotto l’albero una splendida BMX rossa.

Rosso lacca era il telaio, il manubrio dalla forma allargata e proiettata in avanti, le manopole antiscivolo, le leve dei freni ridotte ed ergonomiche esclusivamente per l’indice ed il medio, il sellino stretto ed estremamente rigido, rossi erano pure i pneumatici opportunamente tassellati anche sulla parte iniziale della spalla. Le uniche componenti color argento cromato erano i cerchi con il loro intricato giro di raggi ed i pedali opportunamente dentellati per consentire la massima aderenza del piede anche nelle condizioni più estreme.

Questa bici, nonostante la sua origine, aveva tutta l’aria di essere un bel diavoletto!

Per prenderci confidenza impiegai diverso tempo: era nervosa, scomoda e rigida. Imparai presto che non era adatta per andare seduti, ma stando in piedi sui pedali si ammorbidiva, dava il meglio di sé, diventava velocissima e tanto divertente quanto faticosa.

Dopo quel Natale, nella tarda primavera, lasciammo la città per andare a vivere in campagna per la gioia di mia madre e presto anche mia. Il giardino della nuova casa che, all’epoca, mi pareva vastissimo, presto divenne un perfetto campo da cross per la mia nuova bici. Avevo creato una sorta di circuito con qualche deviazione per invertire ogni tanto il senso di marcia o per allungarlo leggermente. Il percorso era sostanzialmente in piano, ma ricco di difficoltà di ogni altro tipo: dossi, radici, cunette, curve strette, passaggi ancor più stretti tra alberi e cespugli e persino un passaggio alla cieca con obbligo di svolta a gomito subito dopo per evitare una ripida scalinata in discesa! Queste singolari porte da saloon in realtà erano rappresentate da due enormi cespugli di peonie fructicose (legnose) che in primavera si ricoprivano di carnosi fiori rosa ed a seguire di un sacco di giovani foglie e di lunghi e teneri rametti. Stante il perfetto stile inglese del giardino in libertà nessuno potava mai questi due cespugli paralleli e quindi in estate le foglie si confondevano le une dentro le altre e viceversa. Negli anni ho percorso quel circuito con il terreno in ogni genere di condizione: da quello viscido e fangoso primaverile a quello duro e polveroso dell’estate, da quello imprevedibile autunnale perchè cosparso di foglie a quello faticosissimo invernale ricoperto di neve che diventava ancor più insidioso quando si trasformava in ghiaccio. Migliaia di giri tanto da fare dei veri e propri solchi nel terreno per la minor gioia di mia madre!

Quello però era semplicemente il mio campo di allenamento privato (negli anni successivi è stato condiviso esclusivamente con mia sorella) perché il divertimento vero, soprattutto d’estate, era andare a scorrazzare con gli amici di San Grato.

Da quando eravamo andati a stare in campagna era come essere sempre in villeggiatura! Per gli abitanti della borgata saremmo probabilmente sembrati l’equivalente di una baby gang, ma posso assicurare che le nostre azioni peggiori si limitavano a tanto baccano ed a qualche “sgommata” in bici sulla ghiaia (quanti sassolini ho buttato in casa della povera Ida!). Eravamo una decina di bambini e bambine di età compresa tra i 5 ed i 12/13 anni che si ritrovavano al mattino appena svegliati e si lasciavano a malincuore dopo che era già calato il buio della notte.

Si giocava, ci si confrontava, ci si sfidava, ci si inseguiva, si rideva ed ogni tanto ci si azzuffava.

I più piccoli erano destinati sistematicamente a perdere ed io ero uno dei più piccoli, ma nelle corse in bicicletta con la mia bmx rossa ero un osso duro e sovente me la giocavo con il ragazzo più grande del gruppo. Lui oltre ad essere fisicamente il doppio di me aveva una bici con le ruote più grandi ed il cambio con ben 3 marce, andava più veloce sia in salita che in discesa, ma gli stavo dietro ed in curva ero più agile tanto da riuscire spesso a superarlo con frenate al limite e manovre spericolate. L’esempio portato dai ragazzi più grandi, la stima nei loro confronti, le loro prese per i fondelli, la curiosità di chiedere spesso loro: “perché?” ed il desiderio di dire la mia e di cercare di farmi sempre valere mi hanno aiutato a crescere durante quegli spensierati anni d’infanzia.

Oggi è passato un anno esatto da quando ho riposto negli scatoloni quasi 15 anni di infanzia professionale trascorsa allo Studio Boidi & Partners. Quando iniziai la pratica Walter mi avvertì di avere pazienza perché ci sarebbero voluti almeno 10 anni per mettere la testa fuori dal guscio: all’epoca non ci volevo credere, ma, con il senno di poi, devo ammettere che aveva ragione. In quell’ufficio ho trascorso un sacco di tempo da solo, ho fatto più giri di quanti ne feci con la bmx rossa in giardino. Sono sicuramente serviti e tanto. Ma quello che più mi ha formato sono state quelle poche dritte rubate ai colleghi più anziani, il metodo di lavoro e lo stile acquisiti osservando criticamente l’esempio di Stefano e Serenella all’inizio, Valter e Carola poi, Fabio e Massimo dopo. Il tutto opportunamente reinterpretato in funzione del mio modo di essere e vedere il mondo. In epoche più recenti il confronto si è spostato verso colleghi coetanei come Marzia, Renato, Stefano e Flavio, più giovani come Valentina o ancora più giovani come Marco, Federico, Alessia e Michela, ma da tutti ho sempre avuto modo di imparare qualcosa.

Nel 2017, proprio quando pensavo di vivere un’adolescenza avanzata sono professionalmente regredito ad una nuova fase infantile: sono tornato alla graziella con le rotelle, ma è contestualmente aumentato il livello di difficoltà del gioco.

Sono sopravvissuto, mi sono divertito e ci sto prendendo così tanto gusto che dopo questi 10 giorni di festa in famiglia mi auguro di ripartire in punta di piedi su un diavoletto color del fuoco e dai pedali dentellati color argento!

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