SOTTO ESAME

La notte prima del collaudo alla motorizzazione ho dormito poco e male.

Ero agitato e teso. Lo ero stato per l’intero fine settimana. Questo era iniziato venerdì sera nell’officina dell’amico Merlu, tra patitine e prosecco marsalato, a smontare cinture di sicurezza giapponesi per montarne un paio di recupero con il marchio CE, a sostituire fari orientati per la guida a destra con quelli giusti, ad inventarsi “un sistema a cricchetto” per ancorare la batteria fuori misura comprata due giorni prima per sostituire quella che non è sopravvissuta a quasi 3 anni di inattività, a spezzare viti a forza di stringere, a cercare rondelle in mezzo ad un mare di bulloni, a sostituire lampadine, filtri e olio, ad aggiungere acqua, a scoprire dell’esistenza della vaschetta di espansione e a cercare di sgrassare la targhetta di serie del motore ubicata in un posto tanto introvabile quanto irraggiungibile dalle mie mani…quel tagliando, veramente speciale, si era concluso verso le 2 del mattino dopo un hamburger “bruto” e un negroni al “nuovo” Old America.

Era proseguito sabato mattina da un gommista trovato per caso con l’idea di rimediare ad un “bubbone da pizzicatura” notato la sera prima su un pneumatico. In mezzo a vere e proprie montagne di pneumatici disponibili il gommista trova solo un treno 4 stagioni della misura giusta. L’auto deve andare al collaudo martedì mattina gli dico e lunedì non ho modo di dedicarle altro tempo…tiro un po’ sul prezzo (ma mai come avrebbe saputo fare l’amico Merlu) e gliele faccio montare tutte e quattro.

E’ difficile trattare il prezzo quando vuoi pagare con il bancomat, hai bisogno delle gomme, non ci sono alternative a magazzino, il treno per raggiungere Maya in partenza dall’altra parte della città a distanza di poco meno di due ore e devi anche chiedere la cortesia che la tua vettura venga fatta passare in mezzo a quelle prenotate…

L’agitazione è cresciuta nel tardo pomeriggio di lunedì dopo aver chiamato l’agenzia di pratiche auto per chiedere cosa mi avrebbe aspettato il giorno dopo in motorizzazione. Nel raccontargli con orgoglio tutto quello che avevamo fatto sulla vettura gli segnalo anche l’esistenza di una piccola scheggiatura in un angolo del parabrezza che aveva alimentato l’inizio della corsa di una piccola crepa. Viste le dimensioni estremamente contenute, sabato mattina, non avevo nemmeno preso in considerazione l’idea di dover sostituire anche l’intero parabrezza. “Il parabrezza deve essere integro” mi ripete due volte senza speranze. Come se non bastasse aggiunge che in passato gli era capitato che, a fronte di semplici scheggiature da sassolino grandi come una moneta da pochi centesimi, i collaudatori avessero chiesto le certificazioni di riparazione da parte del carglass di turno.

Termino la telefonata con poche speranze. Chiudo l’ufficio e salgo in motorino per raggiungere il garage dove è ricoverata la mazdina inglese del 1991 fresca di tagliando. Fa freddo, è buio e le strade sono umide, ma le nuove gomme 4 stagioni gonfiate al punto giusto sembrano aver ridato confort e vigore alla vettura e salendo a Superga il motore è già ben caldo per poter consumare un po’ più di benzina. Arrivo a casa entusiasta, Joy abbaia incuriosita e spaventata alla vista di un “nuovo” cavallo e Maya, agitata pure lei, a cena mi fa un sacco di domande…

Dopo cena, nonostante l’agenzia mi avesse suggerito di non lavare l’auto per mascherare eventuali imperfezioni di cui la carrozzeria è piena, disubbidisco e torno da lei con giacca e cappello, armato di panni, stracci, detergenti e sgrassatori. Con la sola poca luce della torcia del mio cellulare pulisco, lucido e profumo ogni parte dentro e fuori.

Vado a letto infreddolito, ma soddisfatto e convinto di aver fatto del mio meglio per il collaudo del giorno dopo.

Mi sveglio, come di consueto, ben prima che suoni la sveglia nonostante l’avessi impostata ancora prima del solito. Salgo in macchina alle 7 del mattino, arrivo in motorizzazione alle prime luci dell’alba, ma c’è già un sacco di altra gente che aspetta davanti ai cancelli. Li aprono alle 8 in punto e mi accodo per entrare per ultimo. Devo avere la faccia un po’ spaesata e la guardia mi chiede se sono lì per l’esame (della patente credo). Rispondo che devo fare il collaudo per la nazionalizzazione e l’immatricolazione di una vettura inglese e mi caccia fuori invitandomi a presentarmi ad un altro cancello alle 8,30.

Attendo, la tensione cresce, le stupidaggini che dicono alla radio la smorzano e il tempo passa. Alle 8,30 in punto aprono l’altro cancello, mi metto in coda, arrivo dal funzionario della prima informazione e mi dice di andare ad un altro cancello ancora direttamente con la vettura.

Mi presento al terzo cancello, ci sono tante corsie come per prendere il traghetto e già tante vetture. Mi metto in coda: sono l’ultimo. Ho nuovamente il sospetto di non essere nel posto giusto perché non vedo nessuna targa straniera. Vado a piedi all’inizio della fila dove ci sono i funzionari ispettori e le prime vetture con i cofani aperti e chiedo con gentilezza quale fosse la corsia per le nazionalizzazioni.

Me ne indicano una dove ci sono in coda degli autotreni con targa italiana. Eseguo sorridendo.

Quando scendo nuovamente dalla vettura mi raggiunge un collaboratore dell’agenzia delle pratiche auto che dicendomi di aspettare mi consegna un plico di fogli accompagnati dal vecchio libretto inglese che gli avevo consegnato un paio di mesi prima.

Nel mentre si è già avvicinato l’ispettore MTC che osserva con attenzione i fari anteriori.

L’esame era già iniziato senza che nemmeno me ne fossi accorto.

Guarda i pneumatici, l’omologazione delle cinture, cerca i numeri di telaio, mi chiede di indicargli quello del motore…e io sono preparato perché l’avevo lucidato nuovamente la sera prima sporcandomi e graffiandomi le mani ancora una volta!

Mi chiede di passare in un'altra corsia, dalla 5 alla 4, sono una a fianco all’altra ma per farlo mi chiede di uscire dai cancelli girare attorno alla motorizzazione e rientrare da dove ero entrato prima. Non capisco le ragioni, ma eseguo.

La mia mazdina da ultima passa prima e inizia la seconda fase dell’esame. Mi chiede di rimanere a bordo e di abbassare il finestrino per ascoltare le sue istruzioni. Non posso dirgli che quel finestrino non si abbassa e quindi apro platealmente la capotte dicendoci che così avrei potuto ascoltarlo e seguirlo ancora meglio. Sorride e capisco che stiamo entrando in sintonia.

Proviamo i freni che non sono di certo il pezzo forte della mazdina, ma fanno il loro dovere. Dopo avermi fatto ripetere due volte il test su quelli posteriori mi suggerisce di farli controllare perché frenano ma sono un po’ squilibrati. Annuisco ringraziando e porto la vettura sul ponte meccanico. Mentre la solleva, sapendo cosa potrà vedere sotto la vettura, gli racconto un pezzo della storia di questa mazdina. Era stata comprata usata su internet 10 anni fa da alcuni amici speciali che volevano regalare a me e alla mia mogliettina un originale e avventuroso secondo viaggio di nozze dall'Inghilterra a casa.

Il collaudatore con l’aiuto di una torcia ben più potente di quella del mio cellulare scandaglia ogni parte del fondo ed osserva attentamente il comportamento di pneumatici e braccetti dello sterzo sollecitati dalle torsioni forzate dall’anteriore mobile del ponte. Mi dice che la vettura è in buone condizioni sebbene piena di ruggine. Tiro un sospiro di sollievo.

Mentre porta nuovamente a terra la vettura gli racconto che mio nonno aveva lavorato per circa 40 anni in quella stessa motorizzazione dal secondo dopoguerra alla prima metà degli anni ’80 dando patenti alle prime generazioni di automobilisti dell’intera regione e collaudando veicoli che hanno fatto la storia della motorizzazione italiana. Il collaudatore probabilmente doveva ancora nascere quando mio nonno andava in pensione, ma mi ha descritto nei minimi dettagli i sistemi di retribuzione dell’epoca che prevedevano indennità per le trasferte in giro per il Piemonte e la Valle d’Aosta e un premio equivalente ad una marca da bollo per ogni vettura revisionata/collaudata…

La revisione termina con la prova delle luci e con un colpo di clacson. Anche questo me lo fa rifare. Mi guarda e sorride per la seconda volta.

L'ingegnere mi dice che avevamo finito e che l’agenzia avrebbe potuto completare le pratiche per l’acquisizione della nuova targa. Lo ringrazio e gli raccomando, questa volta sorridendo anch'io, che sia una targa “quadra”!

Uscendo dai cancelli della motorizzazione ero felice come un bambino all’ultimo giorno di scuola. Per il resto della giornata ho avuto una fame esagerata ed ho goduto di entusiasmo e leggerezza fuori dal comune nonostante alcuni ulteriori “esami” lavorativi piuttosto importanti...

Ed ora la morale del Commercialista di questa storiella di vita vissuta.

LA MORALE DA COMMERCIALISTA

Tutti noi veniamo costantemente messi alla prova e subiamo dei micro esami da parte del partner, dei figli, del proprio capo e dei colleghi del lavoro, per citare solo alcuni esempi comuni.

Sovente non ci rendiamo nemmeno conto di venire valutati perché le nostre azioni o il nostro comportamento rientrano nella routine di tutti i giorni ed in tali occasioni non ci viene detto esplicitamente che siamo sotto esame ne tanto dato un voto alla fine della prova.

Con un esempio sarà più semplice capire. I nostri figli ci valutano continuamente per quanto siamo coerenti tra quanto insegniamo o chiediamo loro di fare e come ci comportiamo. Se chiediamo loro di lavarsi i denti ad ogni pasto e di passare il filo interdentale almeno una volta al giorno non possiamo sperare che ubbidiscano se anche solo uno dei due genitori il filo lo passa una volta al mese o è favorevole, una volta ogni tanto, a sostituire lo spazzolino con la gomma da masticare.

La fiducia e la stima nei nostri confronti aumenta progressivamente in relazione allo stratificarsi di una serie di prove di vario tipo che hanno dato esito positivo o viceversa.

All’aumentare della fiducia generalmente crescono anche la difficoltà dei compiti che ci vengono assegnati, l’autonomia e la responsabilità che ci vengono affidate.

Non vorrei semplificare troppo, perché ci sono un sacco di eccezioni e casi che rendono il sistema molto più complesso, ma tendenzialmente al crescere della fiducia aumenta la soddisfazione e la gratificazione reciproca tra le persone coinvolte e si creano delle dinamiche virtuose che contribuiscono ad alimentare un benessere diffuso nelle micro comunità di cui si è parte.

Per le IMPRESE o più in generale per i TITOLARI DI PARTITA IVA questo genere di micro esami sono veramente continui.

I clienti sono i primi verificatori ed al contempo i più severi che possano esserci. Testano quotidianamente oltre alla bontà del prodotto anche e soprattutto la coerenza del marchio, del messaggio e dei valori che l’impresa professa e propone con il prodotto, il servizio che viene offerto, venduto o fruito, ma anche con tutta l’esperienza d’acquisto e con l’eventuale assistenza ed il trattamento ricevuti dopo l’acquisto.

Il prezzo costituisce solo uno dei tanti elementi che alimentano il giudizio complessivo dei clienti anche se può rappresentare un’ottima cartina di tornasole del lavoro svolto dal marketing.

Ma l’impresa subisce anche continui micro esami da dipendenti e collaboratori, dalla rete di fornitori, dalle banche che non sono altro che il fornitore del particolare bene chiamato denaro, delle amministrazioni pubbliche e con peso sempre più crescente anche del territorio e della comunità in cui la stessa impresa è ubicata.

La grande differenza tra l’esame fatto in motorizzazione o con quelli che si facevano a scuola o all’università e quelli che subiamo nella quotidianità è solo nel diverso grado di consapevolezza con cui lo si affronta.

Il buon esito degli esami contribuisce ad aumentare la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità, accresce quindi l’autostima a livello personale o collettivo se si tratta di un’impresa o di una micro comunità.

Quando poco per volta sono riuscito a maturare un po’ di quell’autostima necessaria per affrontare i compiti in classe e le interrogazioni con maggior serenità ho iniziato a divertirmi anche a scuola.

E’ utile precisare che questo percorso ha richiesto diversi anni.

Chi scrive per molto tempo da bambino ha vomitato quasi ogni mattina prima di andare a scuola e fino a 16/17 anni non è mai riuscito ad ingoiare qualcosa per colazione quando invece la domenica e durante le vacanze si trasformava in un piccolo pozzo senza fondo.

Il momento dell’esame può e deve rappresentare un’opportunità di crescita personale, un momento di confronto con gli altri, con il mondo che ci circonda.

Sta a noi trovare il modo giusto per affrontarlo e cercare di superarlo insieme alle nostre piccole o grandi paure.

Un po’ di paura di non farcela è bene che ci sia sempre, anche quando si è diventati “maestri”, perché se questa non dovesse esserci probabilmente o il livello della prova è troppo basso per le nostre capacità o non ci interessa nulla di quello che stiamo facendo.

Se però così fosse è opportuno drizzare bene le antenne per verificare di non essersi seduti sugli allori o essersi semplicemente seduti perché come diceva il mio maestro Pino:

Chi si ferma è perduto!”

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